Negli Stati Uniti Kurt Vonnegut (1922-2007) è considerato un genio: uno dei grandi maestri della letteratura del '900, capace come pochi di un crossover narrativo che non l'hai mai rinchiuso nella gabbia di genere. In Italia è per lo più considerato uno scrittore di fantascienza, ma Vonnegut è molto di più. Un autore che ha anticipato tutti i generi letterari: da Mattatoio n. 5 , uno dei romanzi più intensi mai scritti sulla Seconda Guerra Mondiale, a Madre Notte , la prima grande prova narrativa contemporanea sul concetto di falso e autentico; un antesignano della «letteratura pop» usando spunti e immagini della narrativa popolare per mostrare l'effetto dei mass-media sulle coscienze (ben prima del più celebre William Burroughs o del Gore Vidal di Myra Breckinridge ). Vonnegut, da sempre un dichiarato luddista contro le devastazioni della «scienza e tecnologia», è stato anche il primo scrittore pacifista (ben prima delle proteste contro l'intervento americano in Vietnam). Purtroppo il suo percorso editoriale è sempre stato complicato: Mattatoio n. 5 , pubblicato nel 1969 dopo vent'anni di riscrittura, venne bandito, addirittura bruciato, nelle biblioteche statunitensi, mentre in Italia le sue opere hanno sempre seguito uno strano destino: pubblicate da Rizzoli, poi da Mondadori, adesso sembra trovare casa con Feltrinelli, che sta ripubblicando tutti i suoi scritti.
Considerato da Graham Green «uno dei migliori scrittori americani», in occasione della sua morte (a New York nel 2007) Tom Wolfe ha scritto che «Kurt Vonnegut è stata la cosa più vicina a Voltaire che abbiamo avuto negli Stati Uniti». Perché non è da dimenticare che Vonnegut è anche un autore capace di coniugare la prosa realista a una rinnovata tradizione satirica (da Swift a Voltaire e soprattutto Mark Twain, come lo stesso Vonnegut ricorda nelle sue Confessions ). Tutti i suoi libri sono sostanzialmente romanzi filosofici. Come un illuminista misantropo ha sempre criticato con l'arma della ragione le istituzioni della società, contrastato il sistema capitalistico e industriale. Soprattutto per quest'ultimo motivo Vonnegut è un autore che è sempre più in voga tra i giovani americani. Magari non tutti leggono i suoi romanzi, ma i discorsi che ha tenuto agli studenti sono ormai un culto consumato in tutti i formati possibili: libri, audiolibri e video.
Adesso minimum fax pubblica Quando siete felici fateci caso (pagg. 108, euro 13; traduzione di Martina Testa) che raccoglie nove di questi discorsi di Vonnegut tra il 1978 e il 2004. Vonnegut definiva questi discorsi «long delayed puberty cerimony» evidenziando il passaggio dall'età dello studio a quella da «adulti full time». Come spiega il curatore, lo scrittore e saggista Dan Wakefield, Vonnegut non si considerava un pozzo di saggezza. Quello che faceva - e fa in questi discorsi - è farsi venire sempre nuove idee, avere qualcosa di fresco da dire, iniziare con una battuta per sciogliere il pubblico. Non si preparava i discorsi per ripeterli in più occasioni come altri. Cercava di provocare. C'erano dei temi ricorrenti: gli piaceva sottolineare i piccoli piaceri della vita, come gli aveva insegnato lo zio Alex: «Se non è carino questo, che cosa lo è?». Ma non c'era solo dolcezza. C'era anche la disperazione per la distruzione del pianeta, il disprezzo per i politici che dalle loro postazioni sicure mandavano sempre i più poveri in guerra, la malinconia per le famiglie di un tempo che erano una forma di forza e che invece ora si stavano disgregando. Vonnegut adorava gli insegnanti, pensava che uno scrittore fosse prima di tutto un insegnante. Non era un cristiano, ma gli piaceva la figura di Gesù e spesso citava il sermone della montagna. In questi «discorsi» Vonnegut ha l'abilità di riprendere la lezione mutuata dagli stand-up comedians radiofonici degli anni Trenta con i quali era cresciuto da bambino. Era l'epoca immediatamente successiva alla Grande Depressione: da lì è nata la sua capacità di sorridere delle tragedie della vita e del senso di alienazione e solitudine dell'uomo moderno.
Discorsi che sono anche la rivincita dell'uomo e dell'artista: lui che, nato nel 1922 a Indianapolis, aveva iniziato a scrivere per un giornale scolastico, che sin da ragazzo amava gli studi antropologici, fu costretto a studi scientifici per trovare un lavoro, e a interrompere il college. Prigioniero in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, Vonnegut affrontò il suicidio della madre (che era andato a trovare durante un congedo), la morte della sorella (ne adottò i figli, perché il loro padre morì il giorno dopo la madre) e della prima moglie, la sua lotta contro la depressione, il suo tentato suicidio nel 1984, la morte scampata durante un incendio nel 2000, per poi morire nel 2007 dopo una caduta dalle scale. Tutto questo affrontato con dolore, ma sempre con ironia.
Come quando nel romanzo Cronosisma scrive: «Per chiunque, la fine del mondo non arriverà mai abbastanza presto». E discorsi a parte la sua più grande lezione la troviamo nei suoi libri. Quelli dell'unico pessimista illuminato di un 900 al neon.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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