Non è male la raccolta Contro i trivellatori di Stato a cura di Roberto Ricciuti. Si tratta di scritti di Luigi Einaudi apparsi su la Riforma Sociale in cui Einaudi «svolge una polemica contro coloro che ottenevano sussidi statali per fare ricerca di idrocarburi in Pianura Padana». Ma il capitolo forse più bello è la risposta a Napoleone Colajanni in difesa del protezionismo. Luigi Einaudi è un fulmine ed è attualissimo. Il dolce piacere di un dazio, di una tariffa, di una barriera doganale, non ha tempo. È anche l'occasione per una grande lezione metodologica: i numeri, le statistiche, la matematica, la realtà empirica, sono importanti, ma non raccontano tutto. Il crinale filosofico e logico di quello che fu il presidente della Repubblica è affascinante, come tutti quelli intellettualmente pericolosi: «A me sembra assurdo che si possano addurre cifre statistiche a scrollare verità delle tesi degli economisti intorno agli scambi internazionali». Ma come, abbiamo un Einaudi razionalista? No. «E ciò non perché io non riconosca che i fatti debbano prevalere sulle teorie, che le teorie impotenti a spiegare i fatti debbano buttarsi dalla finestra, ma perché l'esperienza dimostra che i fatti dei protezionisti sono dei non fatti, o dei fatti male interpretati... i fatti sono dovuti all'interferenza di moltissime cause che in concreto è difficilissimo di poter scindere le une dalle altre». È una grande lezione, di un empirista, sui limiti della ricerca. Un paese non è cresciuto in una fase di libero scambio? Chi dice che non sarebbe crollato in recessione se avesse messo dei dazi? «Le statistiche sono inservibili da sole a creare una teoria, giovano, quando sono interpretate con grandissima prudenza, come riprova sperimentale di una teoria che il ragionamento abbia dimostrato vera». E cita alcune verità dei ragionamenti protezionisti fatti da Stuart Mill sulle industrie giovani (che poi comunque lo stesso confuterà), sugli aiuti alle industrie normali nei periodi di guerra e persino sui dazi protettivi in tempi di transazioni previsti da Pantaleoni. Ma non crediate che Einaudi indulga troppo su questo brodo protettivo. Einaudi ha così modo di scrivere chiaro e tondo: «la libertà degli scambi è utilissima se è bilaterale (oggi si direbbe multilaterale o di blocco, nda), ma altresì utilissima se unilaterale.
Il contadino meridionale sarà avvantaggiato se potrà comprare, quando i dazi saranno tolti, la micca di pane a 30 centesimi e lo zucchero ad una lira, invece degli attuali 40 centesimi o lire 1,50, anche se, per disavventura, tedeschi, austriaci e russi si rifiuteranno a togliere i loro dazi sul suo vino». Una lezione che una certa destra, non liberale, dovrebbe imparare anche oggi.
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