Otto anni fa Gerald Marzorati decise di provare a realizzare il suo sogno: diventare un giocatore professionista di tennis. Da allora non ha risparmiato gli sforzi: alimentazione e stile di vita da atleta, sessioni di allenamento quotidiane, lunghi periodi di stage nelle più famose accademie tennistiche statunitense, quelle dove vanno i quindicenni di tutto il mondo con la speranza di diventare i nuovi Federer o i nuovi Nadal.
La storia ha però una particolarità. Quando Marzorati prese la sua decisione aveva la bella età di 55 anni, oggi ha felicemente raggiunto i 63. È diventato un buon tennista (non un professionista), e soprattutto il protagonista di un esperimento che negli Stati Uniti si è trasformato in un piccolo caso, suscitando commenti e reazioni in rete e sui grandi giornali. Il suo è stato il tentativo di sperimentare (e magari di spostare un po' più in là) la frontiera biologica e psicologica della vecchiaia. Da buon giornalista (è stato per molti anni direttore del New York Times magazine) ha raccontato in un libro appena uscito (Late to the ball, «In ritardo sulla palla») le tappe e le motivazioni della sua avventura. I benefici di un'attività fisica condotta con regolarità ad alto livello, ha spiegato, sono ovvi e provati da tutte le più recenti ricerche scientifiche. Ma la scelta di dedicarsi anima e corpo a un obiettivo a prima vista così campato per aria come quello del professionismo è stato qualche cosa di diverso: il tentativo di «contrastare la narrativa dell'arretramento e della perdita tipica della vecchiaia con una narrazione del progresso e del miglioramento», di «trovare qualche cosa, qualche cosa di nuovo, di difficile, in cui immergersi per migliorare». La scommessa, che Marzorati allarga a tutti i sessantenni, è quella di «migliorare in un impegnativo campo di competenze, un'arte, una disciplina. Parlo di qualche cosa che ha regole precise e determinate, che si impara in anni di attenzione di lavoro, per cui non ci sono scorciatoie. Suonare il violoncello. O diventare maestri di ebanisteria. O nel mio caso giocare a tennis ad alto livello».
La curiosità con cui è stato accolto l'esperimento di Marzorati testimonia l'attenzione con negli Stati Uniti si guarda ai problemi dell'invecchiamento. Il Paese è in prima fila nella rivoluzione grigia che sta interessando da tempo il mondo industrializzato e che sta ormai coinvolgendo anche le nazioni in via di sviluppo. L'America fa da battistrada anche per quanto riguarda i nuovi stili di vita delle popolazioni anziane: la Federazione di atletica ha pubblicato le più recenti statistiche sulle gare di maratona da cui risulta che i partecipanti di più di 40 anni sono ormai oltre il 50% del totale. Molti entrano nel circuito delle competizioni solo intorno ai 60, più o meno al termine dell'età lavorativa e non mancano sessantenni in pochi anni partecipano a centinaia di gare. Quanto a Marzorati e al suo esperimento di «professionismo tennistico» l'osservazione più divertita l'ha fatta una lettrice del New York Times in una lettera al giornale: «Ho letto l'articolo in cui si parlava di Gerald Marzorati, che ha 63 anni e si considera vecchio. Io di anni ne ho 80.
Quando avevo appena due anni meno di lui sono andata all'estero per lavorare come volontaria. Poi ho preso un Master in Letteratura inglese e ho girato il mondo con un programma di scambi culturali. Se il signor Marzorati si considera vecchio a 63 anni, che cosa penserà a 80, 85 o 90?».AA
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