E la Sardegna difende la propria nouvelle vague

Si sa come va il mondo, meglio non scagliarsi contro gli idoli della tribù. Se Massimo Onofri continuerà ad imbrattare di scritte ingiuriose la statua di Milena Agus e quella di Salvatore Niffoi («due scrittori da cartolina, una linguisticamente inesistente e l’altro conformisticamente macaronico») finirà che dovremo tirarlo fuori dal pentolone (o almeno dall’università di Sassari, nella quale temerariamente insegna: uno studente potrebbe inviargli un aeroplanino di carta armato di spillo, e allora...).
La situazione potrebbe precipitare già oggi pomeriggio, a Villacidro, in provincia di Cagliari, quando all’interno del «Premio Dessì», giunto alla 22ª edizione, Onofri coordinerà una tavola rotonda che pone una questione severamente apodittica: «La nouvelle vague degli scrittori sardi: vero o falso?». Che sia vero o che sia falso, già il fatto di potersi porre una domanda simile stuzzica il legittimo campanilismo dell’isola, che pare voglia far dimenticare il successo degli scrittori siciliani guidati da Camilleri. Accanto ad Onofri ci saranno alcuni protagonisti della recente narrativa sarda come Giulio Angioni e Marcello Fois, nonché Salvatore Mannuzzu che Onofri da sempre preferisce ad altri narratori. A difendere o a dare il colpo di grazia a Niffoi e alla Agus penseranno invece i critici letterari Giorgio Ficara e Filippo La Porta.
A ben vedere, la discussione che potrebbe uscirne ha un raggio d’azione tutt’altro che limitato. Coinvolge infatti temi sui quali si disputa ormai da decenni: in particolare, se sia possibile rintracciare un sostrato vernacolare e locale in autori che scrivono nell’epoca della globalizzazione. La domanda sulla forza della nouvelle vague sarda (sarà un’onda da surf, un autentico cavallone? O è solo una schiuma di superficie, una banale coincidenza frutto del caso?) nasce tuttavia anche da un piccolo, recente trionfo. Tempo fa il supplemento mensile del quotidiano francese Libération, in un numero dedicato interamente all’Italia, ha stilato una lista di autori imprescindibili. Ebbene, accanto a tre notissimi saggisti (Eco, Vattimo e Cacciari) ha citato tre romanzi scritti da sardi: La matta bestialità di Giorgio Todde (Il Maestrale, 2004), Mal di pietre di Milena Agus (Nottetempo, 2007) e La vedova scalza di Salvatore Niffoi (Adelphi, 2006). Insomma i francesi sembrano avere meno dubbi di noi.
Intanto, curiosamente, lo stesso «Premio Dessì» ha detto la sua, anche se la risposta al rovello sembra almeno in parte scorrere su un binario parallelo. Soltanto uno dei tre finalisti della sezione narrativa è infatti sardo: ma non si tratta né dell’autrice del Mal di pietre (oltralpe amatissima) né dello scrittore della Vedova scalza. Risponde infatti al nome di Alessandro De Roma, autore di Vita e morte di Ludovico Lauter (edito da Il Maestrale).

A contendergli il primato però vi sarà Letizia Muratori con La vita in comune (Einaudi) e soprattutto il temibile Guido Conti con La palla contro il muro (Guanda), spietata denuncia degli impuniti e impunibili crimini commessi in una famiglia «normale».

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