Redditi pubblici sì, ma con un po’ di maquillage. Trasparenza pure, ma con qualche velatura. Sussurriamolo così, tra noi, senza che nessuno ci senta: questa ideuzza di andare a rovesciare le tasche di ministri, sottosegretari, politici, boiardi e manager di Stato perché gli italiani finalmente sappiano, non è vero che proprio sia piaciuta a tutti gli interessati. E non è nemmeno vero che tutti gli interessati abbiano dato una mano a rovesciare tutte, ma proprio tutte, le loro tasche.
I cumuli, dove li mettiamo i cumuli, per esempio? Li vogliamo conteggiare o no? E gli stipendi? Non è che qualcuno, anzi, più d’uno, si sia sbagliato e abbia già dichiarato il suo più «modesto» e «riformato» stipendio, cioè quello del 2012, invece di andare un po’ più indietro nel tempo e rendere e noto e pubblico quanto guadagnava realmente fino a qualche mese fa?
Che i nostri manager pubblici siano strapagati in Italia lo conferma anche l’Ocse che, nel suo ultimo rapporto ha messo nero su bianco la realtà di un Paese dagli stipendi storicamente al di sotto della media ma con vertici societari strapagati. La media certificata dall’Ocse per l’Italia (dati 2009) è comunque di oltre 400mila dollari l’anno (circa 300mila euro), la più alta in assoluto che vede in secondo posizione solo la Nuova Zelanda con poco meno di 400mila e la Gran Bretagna con poco più di 350mila. «Poveri» i manager americani che guadagnano intorno ai 250mila dollari, povero il presidente Usa Barack Obama (300mila euro l’anno) che guadagna meno di Attilio Befera (304mila euro circa, e in sei mesi). Tornando ai dubbi e alle perplessità ieri, è stato lo stesso ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi (nella foto), ad ammettere l’incompletezza dei dati: «Abbiamo chiesto alle amministrazioni di appartenenza di fornirci l’elenco degli emolumenti degli alti dirigenti che sforano il tetto massimo, individuato dal governo nello stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione, di circa 294 mila euro. Ma le informazioni ricevute sono al momento incomplete, perché non tutti gli enti hanno inviato i dati richiesti e perché, nell’elenco, mancano i cumuli e cioè gli eventuali stipendi aggiuntivi che i super-manager percepiscono dallo Stato per altri incarichi. E non ci sono neanche i benefit - ha precisato ancora Patroni Griffi - perché noi abbiamo chiesto la retribuzione da contratto».
Detto questo possiamo ben affermare che sono una sessantina i nomi dei vertici della pubblica amministrazione che superano il tetto dei 294mila euro, considerata come soglia massima per gli stipendi dei manager pubblici. Guida la classifica il capo della Polizia, Antonio Manganelli con i suoi 621.253,75 euro ma sono ben piazzati il ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio che ha una retribuzione di 562.331,86 euro, il capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta a 543.954,42 euro, il capo Gabinetto del ministero dell’Economia Vincenzo Fortunato con 536.906,98 euro e il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò (475.643,38). Giusto per la cronaca da segnalare che i Capi di stato maggiore superano i presidenti di antitrust e autorità per l’energia le cui retribuzioni sono identiche: nell’ordine, Giovanni Pitruzzella prende 475.643 euro, Guido Bortoni 475.643 euro. Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, si «accontenta» di 387mila euro tondi, mentre il «suo» direttore generale Antonio Rosati, guadagna 395mila euro più la gratifica annuale. Il capo della polizia Antonio Manganelli, dunque, risulta avere lo stipendio più alto, ma non è affatto detto che sia il più «ricco» tra i dirigenti dello Stato, dato che alcuni colleghi potrebbero superarlo sommando le retribuzioni ricevute per i diversi incarichi. Tanto che l’ex ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta è stato piuttosto categorico: «È una presa in giro, un elenco vuoto. Vorrei invece che si fornissero dei dati omnicomprensivi. E così non è...».
Le commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera formuleranno il parere sullo schema di decreto del governo il prossimo 29 febbraio, perché l’intenzione del governo è che, non appena acquisiti i pareri parlamentari, il tetto agli stipendi sia immediatamente operativo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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