Le banche tedesche più a rischio di quelle italiane DUEMMEUn Fondo imprese che investirà in «mini bond»

Banche italiane deboli e a rischio contagio? Il sistema italiano è sempre tra i primi indiziati della crisi europea, nel mirino di agenzie internazionali e stampa estera. Tuttavia, anche grazie a Basilea 3, le valutazioni sui «malati» del Vecchio continente potrebbe cambiare, svelando la fragilità del tanto decantato sistema bancario tedesco. Leggendo i numeri dell'ultimo studio dell'R&S di Mediobanca, infatti, emerge che gli istituti di Berlino sono più fragili di quelli italiani. Scorrendo i numeri, infatti, il multiplo della cosiddetta leva (il rapporto tra attivi e mezzi propri) è decisamente allarmante nel caso di Deutsche Bank. L'istituto ha un rapporto tra attivi e mezzi propri (capitale) pari a 49,7, quasi il doppio della media europea (26) e decisamente oltre il dato aggregato italiano (18,2).
In sostanza Db ha attivi 50 volte superiori ai mezzi propri. Un rapporto rischioso che, nel caso di una nuova grave crisi finanziaria, potrebbe compromettere l'intero sistema tedesco. Questo perché alla base di questi numeri si nascondono derivati ad alto rischio (categortia 3), ovvero strumenti di ingegneria finanziaria così complicati da non essere nemmeno scambiati sui mercati. Strumenti che, in sostanza, hanno un valore incerto e che per Deutsche rappresentano in valore il 94% del capitale netto. Così, in caso di crisi, potrebbe essere annullato quasi del tutto il capitale della banca con effetti a catena devastanti sul sistema tedesco. Basti pensare che da sola Deutsche Bank rappresenta il 76% del Pil del Paese.
Germania a parte, dallo studio è emerso anche il valore e il peso che la crisi ha avuto sulle banche, ben 100 miliardi di cui 78 miliardi sono da attribuirsi a svalutazioni e impairment (almeno 15 miliardi relativi al solo debito sovrano greco) e 21 miliardi alla voce litigation, e cioè a risarcimenti, multe, indennizzi e altri accantonamenti prudenziali. L'onere è stato, comunque, «alleviato» da proventi per cessioni e dismissioni per 45 miliardi.
Negli Usa, dove la crisi è esplosa nel 2007, il costo è stato invece più contenuto, stimabile in circa 47 miliardi di dollari, dei quali 32,5 miliardi relativi a contenziosi, 10,5 miliardi a svalutazioni ed impairment e 4,3 miliardi ad altri oneri, mentre le dimissioni hanno portato plusvalenze attorno ai 22 miliardi di dollari. Nel complesso, il debito bancario dei maggiori istituti europei è stato calcolato in 15.400 miliardi , 1,7 volte il debito pubblico degli Stati dove hanno sede: in Svizzera, continua il rapporto, il debito bancario (composto da depositi, obbligazioni e interbancario) è 10 volte quello dello stato (1.026%).
In Italia, invece, è pari al 59% di quello pubblico (24% per Intesa Sanpaolo e 35% per Unicredit) . Ieri intanto, in serata, sulla scia del taglio all'Italia, S&P ha abbassato il rating di 9 banche italiane. Unicredit, la controllata Unicredit Leasing, Intesa Sanpaolo, Banca Imi, Banca Fideuram, Mediobanca, Cariparma, Bnl e Istituto del Credito Sportivo. S&P ha anche messo sotto osservazione i rating di altri 23 istituti.

Duemme Sgr (Banca Esperia) lancia sul mercato il «Fondo per le imprese», un fondo mobiliare di diritto italiano riservato agli investitori istituzionali che inizierà in autunno la sua attività di sottoscrizione. Il fondo - si legge in una nota - investirà nei «mini bond», i nuovi strumenti di finanziamento alternativo a disposizione delle Pmi introdotti nel 2012 con il Decreto Sviluppo.


Le opportunità di investimento saranno vagliate attraverso un processo all'interno del quale l'attività di Duemme sarà coadiuvata, nella fase di valutazione delle varie operazioni, da Mediobanca ed eventualmente da altre banche domestiche, e sarà certificata dalla richiesta di attribuzione di un «rating» privato.

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