Così la Procura muove contro il banchiere

MilanoAvere aiutato sottobanco Salvatore Ligresti e la sua famiglia, in barba alle prescrizioni della Consob sulla operazione Unipol-Fonsai: è questa in sostanza l'accusa che la Procura di Milano muove ad Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, indagato per ostacolo all'attività degli organismi di vigilanza. All'indomani del lungo interrogatorio di Nagel da parte del pubblico ministero Luigi Orsi si delineano con maggiore chiarezza i motivi dell'accusa. L'elemento chiave è ovviamente l'accordo segreto del 17 maggio con Ligresti, che Nagel ha ammesso di avere siglato solo per «presa visione» al fine di assicurarsi un comportamento «rettilineo» da parte della famiglia siciliana nell'operazione ed evitare da parte dell'Ingegnere di Paternò e dei suoi tre figli colpi di coda che facessero saltare il progetto. Per la Procura il documento è un'intesa a tutti gli effetti, che prometteva a Ligresti una serie di privilegi in cambio dell'uscita di scena.
Perché Nagel si sia spinto così in là, è una domanda che i pm si fanno da giorni. Una delle ipotesi è che Ligresti, se fosse stato abbandonato, minacciasse di accusare Mediobanca di conoscere bene il reale assetto del gruppo, compresi i pacchetti collocati in paradisi fiscali. Per quei pacchetti Ligresti è accusato di aggiotaggio, e proprio in relazione ad essi ieri tre funzionari Consob hanno consegnato a Orsi un altro esposto.
Dopo avere ammesso di avere incautamente siglato il papello sottopostogli da Ligresti, Nagel sta attestando la sua linea difensiva su un dato cronologico: l'incontro con l'Ingegnere è del 17 maggio, il comunicato della Consob che pone severi vincoli all'operazione Unipol-Fonsai, vietando espressamente clausole di favore per i Ligresti, arriva solo il 24 maggio. Quindi - checché se ne possa dire - il memorandum non violava i precetti dell'organo di vigilanza.
Peccato che per la Procura a mettere dei paletti precisi all'operazione avesse già provveduto il presidente di Consob, Giuseppe Vegas (nella foto), con il suo intervento del 28 gennaio. Fin da quel giorno, secondo il pm Orsi, era chiaro che per la Commissione la fusione poteva avvenire solo se non si fosse tradotta in un colossale favore ai Ligresti, e per questo si indicava come strada obbligata l'aumento.
L'accordo (per la Procura di questo si tratta) del 17 maggio aveva come risultato aggirare questa disposizione della Consob, nascondendo a lei e ai mercati il fatto che l'advisor dell'operazione, Mediobanca, stesse giocando un ruolo di sostegno a una delle parti.


Solo la gravità di questa scelta, secondo Orsi, spiega l'ostinazione con cui l'avvocato Cristina Rossello nel corso del suo interrogatorio ha cercato di nascondere al pm di essere in possesso della copia siglata. L'interrogatorio - che è stato registrato - ha avuto momenti drammatici, e la Rossello si è decisa a tirar fuori dalla borsetta la copia siglata solo quando ha visto profilarsi il rischio di venire incriminata.

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