Domani il nuovo ad Mps, Morelli in pole

Ma l'uscita di Viola era sul tavolo da luglio. E il Tesoro non seguirà l'aumento

Camilla Conti

Il nuovo ad di Mps dovrebbe essere nominato nel cda di domani. L'annuncio è stato dato dal ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, a Porta a Porta mentre il titolo rotolava giù in Borsa con un -3,4 per cento. Il mercato attende novità dal vertice sul successore di Fabrizio Viola (le scommesse continuano a puntare sull'ex vicedirettore ai tempi di Mussari, Marco Morelli, oggi in Merrill Lynch, ma ieri circolava anche il nome dell'ex ministro Fabrizio Saccomanni) che dovrebbe tenersi oggi in Bce a cui parteciperanno il presidente di Rocca Salimbeni, Massimo Tononi, il presidente del comitato nomine nonché socio con l'1,8%, Alessandro Falciai, e forse lo stesso Morelli.

Intanto, emergono nuovi retroscena sulle ragioni del cambio al vertice che sarebbe stato già deciso a fine luglio dai soci storici. Tra questi, anche la Fondazione e Fintech che insieme a Btg Pactual lo avevo confermato come ad nella lista per il cda proposta all'assemblea di aprile 2015. Ad alimentare le tensioni avrebbe contribuito, nel maggio scorso, il mandato affidato da Viola a Mediobanca per concretizzare il progetto di una piattaforma per lo smaltimento degli npl. Mossa concepita in realtà nell'autunno 2015 ovvero prima dell'arrivo di Tononi al vertice dell'istituto e a prescindere dalle opportunità offerte allora dal fondo Atlante poi assoldato questa estate per il mega piano di rilancio. I riflettori del mercato restano intanto accesi sull'aumento di capitale che, sia per la tempistica sia per l'importo (il cda ha approvato fino a 5 miliardi), è condizionato da due variabili: la fusione con un nuovo partner bancario o finanziario (chiesta dalla Bce e sostenuta da Tononi mentre Viola avrebbe preferito che il Monte «ballasse da solo» limitandosi ad aprire le porte a un «anchor investor» di peso), e lo smaltimento dei 27 miliardi di sofferenze. Alla ricapitalizzazione non dovrebbe partecipare il Tesoro, oggi socio con il 4%, che quindi è destinato a uscire dal Montepaschi se l'operazione andrà a buon fine. Quanto all'adesione dei soci storici, i francesi Axa (al 3,1%) starebbero valutando di partecipare ma sono in parte mentre la Fondazione Mps (1,5%) sarebbe orientata a sottoscriverlo pro quota. Nei mesi scorsi lo stesso ente senese ha avviato un'azione di responsabilità contro le banche che le avevano concesso nel 2011 un finanziamento per la sottoscrizione dell'aumento di capitale del Monte. Tra queste, anche Jp Morgan e Mediobanca, entrambe alla guida (insieme a Lazard) del consorzio di pre-garanzia dell'aumento di capitale di Mps. Il tema potrebbe essere portato prossimamente sul tavolo della deputazione generale di Palazzo Sansedoni in quanto la fondazione è azionista della banca e dunque in causa con gli advisor di quest'ultima. L'ennesimo paradosso senese.

Ma a tenere banco nelle contrade, in questi giorni, è piuttosto il destino di oltre mille ex dipendenti

di Mps che dal primo gennaio 2014 sono stati trasferiti alla Fruendo, una società del gruppo della famiglia toscana (e renziana) Bassilichi. Di questo accordo si era fatto garante Viola. Che ora, però, è sceso dal Monte.

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