L'economista francese Jean-Paul Fitoussi non è uomo avvezzo al moderatismo. E se c'è da condannare le scelte del suo presidente, del governo francese o dell'Unione europea non ci pensa due volte. Lo ha fatto quando si è tratto di colpire il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ma anche, meno recentemente, quando si è trattato di condannare le decisioni di Emmanuel Macron, che in un primo momento lo stesso Fitoussi aveva sostenuto sperando in qualcosa che poi non si è mai realizzato.
Adesso, intervistato da Il Giorno, Fitoussi è tornato a parlare di Europa e di Francia, ma anche dell'Italia, Paese a cui l'economista dedica larga parte delle sue attenzioni. A entrare nel vortice delle critiche è soprattutto il tetto del 3% imposto dall'Unione europea: un "capestro" a detta dell'economista che affonda il colpo. Il parametro, spiega Fitoussi, "è assurdo, inutile. Non serve né all'Italia né all'Europa. Questo parametro che fissa il rapporto fra deficit pubblico e Pil risale al 1997: le condizioni all'epoca erano ben diverse". Fitoussi non crede che Bruxelles possa pensare seriamente a un procedimento di sanzioni, perché il rischio per Roma ma anche per l'Europa sarebbe altissimo perché "metterebbe l'Italia in ginocchio, e questo non lo vuole nessuno. Costituirebbe un esempio supplementare di stupidità da parte dell' Europa". Un errore che rischia di però di consegnare l'Unione europea alle forze euroscettiche e l'Italia a Matteo Salvini. Il leader leghista a detta dell'economista francese ha ragione a criticare le decisioni della Commissione e i parametri di Bruxelles, anche se per Fitoussi è sbagliato il modo di approcciare a questi temi: "Quando si appartiene a un'Unione, bisogna far credere che la soluzione sia il frutto di discussioni e negoziati, anche se non è vero. Le buone maniere sono utili. Gridare e battere i pugni sul tavolo è controproducente".
Certo, il tema non è semplice. Fitoussi prova a fornire un quadro il più possibile semplice ma anche dettagliato della crisi del capitalismo europeo, ma i problemi sono molti e di diversa natura.
C'è un problema legato al fatto che i grandi poteri economici privati di fatto hanno un'influenza occulta sul potere politico, così come esiste un problema di gerarchia delle priorità dell'Unione europea, che si basa più sulla "virtù economica" e non su quella aritmetica. Si parla di equilibrio di bilancio come obiettivo, ma, dice Fitoussi, "le politiche fondate sulla virtù aritmetica colpiscono le fasce più deboli delle popolazioni, creano disoccupazione e ristagno".
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