MilanoL'ultimo colpo a una delle più rampanti dinastie di finanzieri italiane arriva ieri mattina, quando i finanzieri del Nucleo di polizia valutaria si presentano negli uffici di Foro Bonaparte con un ordine di perquisizione firmato dalla Procura. Sono nel centro di Milano, le fiamme gialle, ed entrano negli uffici della Sopaf, holding fino a qualche mese fa quotata in Borsa, uscita da Piazza Affari sotto un mare di debiti, e nel cui cda sedevano anche Giorgio e Luca Magnoni, figli di Giuliano, già socio del banchiere - e criminale - Michele Sindona.
La Sopaf, di fatto, è un morto che cammina. Dallo scorso anno è in liquidazione, ed è stata ammessa al concordato preventivo nel tentativo di salvare il salvabile. La novità è che ora c'è un'inchiesta penale nata da un esposto di Unicredit, una delle banche creditrici. Il pm Gaetano Ruta ipotizza i reati di bancarotta (per un buco di circa 200 milioni di euro) e aggiotaggio (in relazione a un comunicato che avrebbe alterato il valore del titolo). A finire nel registro degli indagati c'è buona parte del vecchio consiglio di amministrazione: almeno cinque degli otto membri sono stati raggiunti da un avviso di garanzia, e tra questi ci sarebbero proprio Giorgio e Luca Magnoni, il primo ex presidente di Sopaf. Oltre agli uffici di Foro Bonaparte, la Gdf ha perquisito anche alcune abitazioni private, sequestrando materiale che costituirà la base per il lavoro investigativo. Di qui i finanzieri partiranno per verificare le ipotesi di reato, e chiarire eventuali responsabilità penali.
Nel frattempo, però, prosegue l'iter fallimentare. All'udienza del 21 febbraio, il tribunale aveva ammesso Sopaf alla procedura di concordato preventivo, fissando l'appuntamento con i creditori per il prossimo 28 giugno, quando la proposta di concordato dovrà essere votata. Se la maggioranza darà l'assenso, il tribunale procederà all'omologa.
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