È scattato il conto alla rovescia per il referendum di domenica in Grecia. Premi Nobel ed economisti si schierano su fronti opposti per quanto riguarda il voto. Ma è comune l'accusa all'austerity dell'Unione europea che ha portato solo recessione e crisi economica.
"Dire sì al referendum significherà una depressione infinita". Il premio Nobel Joseph Stiglitz spiega molto chiaramente che mentre Atene otterrà gli aiuti, i greci (e tra questi i giovani, in modo particolare) pagheranno "il prezzo più salato". Il risultato potrebbe essere quello di "un Paese impoverito che ha svenduto tutti i suoi beni". Secondo il professore della Columbia University, la cura da cavallo imposta dalla Troika ha provocato un crollo senza precedenti del pil (-25% negli ultimi cinque anni) e fatto schizzare a livelli record la disoccupazione in Grecia, con quella giovanile oltre il 60%. "Ma è ancora più sorprendente che i leader europei non abbiano ancora capito la lezione - spiega al World Post - la Troika sta ancora chiedendo che che la Grecia realizzi un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) del 3,5% del pil entro il 2018". Una misura, per Stiglitz, "tanto punitiva da aggravare ulteriormente la crisi". Da qui l'invito a votare "no" per mettere fine ad un’austerità senza fine.
Sulla stessa linea di Stiglitz si è schierato anche un altro premio Nobel: Paul Krugman. "La Grecia deve votare 'no' e il governo deve essere pronto a uscire dall'euro", afferma l’economista accusando la Troika di "proseguire all’infinito con le stesse politiche di austerità". "La Troika ha utilizzato una sorta di metodo Corelone alla rovescia - continua – hanno fatto a Tsipras un’offerta che non poteva accettare". L'ultimatum era, insomma, una mossa per sostituire il governo greco. "Dov’è la speranza in questo? - si domanda Krugman - forse sarebbe meglio per la Grecia uscire dall’euro e tornare alla dracma perché una svalutazione della moneta non creerebbe una situazione più caotica di quella che c’è adesso e potrebbe spianare la strada ad una possibile ripresa, come è già avvenuto altre volte in altri paesi".
Persino Ken Rogoff, uno dei massimi sostenitori dell'austerity, è convinto che imporre altri sacrifici alla Grecia sarebbe inutile se è il governo non intende implementarle. "Perché le riforme abbiano effetto - spiega per Project syndacate - il governo greco e il suo elettorato devono prima di tutto crederci". Il docente di Harvard fa notare come in Grecia le riforme strutturali potrebbero non essere la risposta migliore. "In un mondo ideale, offrire un aiuto finanziario in cambio di riforme potrebbe aiutare chi vuole trasformare il Paese in uno stato europeo moderno. Ma vista la difficoltà che la Grecia ha incontrato sinora nel fare i cambiamenti necessari per raggiungere l’obiettivo fissato - continua - potrebbe essere giunta l’ora di rivedere del tutto questo tipo di approccio alla crisi. Invece di un programma che garantisce dei prestiti ai paesi, potrebbe avere più senso elargire aiuti umanitari indipendentemente dal fatto che la Grecia rimanga o meno un membro dell’Eurozona".
Se in America la bocciatura alla austerity è unanime, in Inghilterra vengono mosso diversi distinguo. "Io voterei sì ed invito tutti a fare lo stesso - mette in chiaro Christopher Pissarides - col 'no' si entrerebbe in un vicolo cieco che porterà direttamente alla Grexit". Secondo l'economista britannico-cipriota, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2010, "non è possibile rimanere nell’euro e continuare ad avere liquidità dalla Banca Centrale Europea per far funzionare le banche" votando no. "La Grecia - sottolinea - sprofonderà ancora di più in recessione". "Con le banche chiuse i greci stanno vedendo quanto sia difficile far funzionare il sistema finanziario" di un Paese e "quindi spero votino sì". Senza un accordo ma con "una Grexit e un passaggio a una nuova dracma, per la Grecia sarebbe un disastro. Le banche collasseranno perché i correntisti preleveranno denaro dai bancomat nel timore di non di poterlo fare successivamente".
Avvertono, con un appello congiunto 13 economisti e professori greci che sollecitano a votare si al referendum. Spiegano inoltre che Atene "non potrebbe mai gestire una bancarotta rimanendo all’interno dell’euro perché richiederebbe uno sforzo troppo grande da parte della Banca Centrale Europea".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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