Manovra, cedolare secca per i negozianti, che cosa cambia

La cedolare secca per gli affitti commerciali che prevede un'imposta del 21% al posto del tradizionale regime Irpef, introdotta dalla legge di bilancio 2019, dovrebbe essere confermata anche l'anno prossimo

Manovra, cedolare secca per i negozianti, che cosa cambia
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Dopo tante cattive notizie, finalmente una buona novella dalla legge di bilancio che sarà discussa e approvata entro fine anno dal Parlamento. Come riporta anche Il Messaggero, si va verso la conferma della cedolare secca per gli affitti commerciali, relativi ai negozi della categoria catastale C/1. Si tratta di un'imposta del 21% sul reddito derivante da questo tipo di locazioni in sostituzione del tradizionale regime Irpef, misura già introdotta in via sperimentale dal governo gialloverde nella scorsa manovra per i soli nuovi contratti stipulati nel 2019. Un provvedimento, quello che con ogni probabilità sarà confermato dall'esecutivo, inteso a favorire il rilancio del settore immobiliare e delle piccole attività aggredite dalla crisi e dal calo dei consumi, oltre ai benefici in termini di lotta al sommerso e alla desertificazione dei centri urbani, e sostegno a botteghe di pregio.

Franceschini: "Tutelare le attività commerciali con valore sociale"

Nella bozza della manovra inviata alle Camere, al momento non c'è traccia della misura sui negozi, ma nelle ultime ore c'è ottimismo sul fatto che si possa colmare questa lacuna. A farlo capire è il presidente della commissione Bilancio del Senato, Daniele Pesco (M5S), che insieme ai colleghi sta esaminando il testo della legge di bilancio. La misura, così come prevista in via sperimentale dall'anno scorso e fino alla fine del 2019, valeva per le attività con superficie non superiore ai 600 metri quadrati e con un contratto di affitto stipulato dopo il 15 ottobre 2018. Con questa norma, si è stimato un costo per lo Stato - in termini di mancato gettito - di 163 milioni di euro l'anno, ipotizzando una durata media dei contratti pari a 6 anni. D'accordo anche il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: "Vorrei che si acquisisse la consapevolezza che alcune attività commerciali, in alcune parti del Paese, in particolar modo nei piccoli comuni che si stanno desertificando, hanno un valore sociale, aggregativo, identitario che va ben oltre il valore assoluto della libertà d'impresa e del valore dell'attività commerciale. Lo Stato deve fare qualche sacrificio per tutelare queste realtà", ha detto l'esponente Pd, che chiede di introdurre per negozi e botteghe un sistema di tassazione simile all'art bonus (credito di imposta per chi finanzia la cultura in Italia).

La battaglia sulla manovra in Parlamento e nel Governo

Intanto, nel governo si continua a discutere sulle altre norme da inserire nella Finanziaria. Dopo l'approvazione in Cdm della manovra e del decreto fiscale ad essa collegato, Pd, Italia Viva, Leu e Movimento 5 Stelle lavorano per trovare una quadra. Una delle poche cose scontate è il disinnesco dell'aumento dell'Iva, mentre ferve il dibattito sulla lotta all'evasione attraverso il piano cashless: più carte e meno contati.

Quota 100 non dovrebbe essere toccata, destino diverso per i balzelli come plastic tax e soprattutto la tassa sulle auto aziendali, su cui Matteo Renzi ha promesso battaglia. In discussione anche la nuova tassa sulle bevande zuccherate, pochi problemi sulla carta invece per l'eliminazione del superticket fortemente voluta dal ministro della Salute, Roberto Speranza.

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