Sergio Marchionne spacca l'Europa in due sui maxi-dazi che Donald Trump vuole applicare alle esportazioni di auto dall'Europa verso gli Stati Uniti. L'ad di Fca, a margine di un evento con l'Arma dei Carabinieri, a Roma, è stato chiaro: «In Europa - ha puntualizzato - Italia e Francia hanno un flusso di vetture verso gli Usa molto diverso da quello della Germania, e Fiat Chrysler Automobiles produce quasi 3 milioni di autoveicoli in Nord America». Come a dire: se c'è da ristabilire degli equilibri, lo si faccia con l'industria dell'auto tedesca, «perché la Germania, più degli altri Paesi europei, ha beneficiato degli scambi con gli Stati Uniti».
Un punto di vista, quello di Marchionne, che si scontra con quanto affermato ieri, a Milano, durante l'assemblea pubblica di Ancma (produttori di moto, biciclette e accessori), dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: «Colpire con i dazi l'auto tedesca significa far del male anche alle nostre aziende, visto che un veicolo prodotto da questi costruttori è per oltre il 60% italiano».
Il dibattito sui dazi si surriscalda e rischia, ora, di scatenare una guerra tra Case automobilistiche, e fronti diversi nel Vecchio continent: quello italo-francese contro quello di Berlino.
«Esistono situazioni differenti - ha precisato Marchionne -. Parlare di Europa in senso collettivo è sbagliato. Bisogna stare molto attenti a vedere che tipo di accordi vengono stabilili tra gli Stati Uniti e i Paesi di questo continente».
Quindi, il messaggio che l'ad di Fca lancia alle istituzioni, pronte a rispondere duramente a Trump, intensificando in questo modo la guerra commerciale in atto: «Il discorso su come andrà a finire questa battaglia dei dazi - l'ulteriore puntualizzazione di Marchionne - è sul tavolo, e credo che bisogna stare molto, molto attenti a non esagerare nelle risposte, l'America è un grande Paese e un grande mercato: vende 18 milioni di macchine l'anno, più dell'Europa».
Il problema è comunque al centro della discussione tra Fca e la Casa Bianca, come ricorda lo stesso top manager che, nei mesi scorsi, ha incontrato Trump insieme agli altri capi azienda dell'industria di Detroit, General Motors e Ford. E Marchionne, in proposito, spezza anche una lancia a favore del presidente degli Stati Uniti: «Io capisco la sua posizione, credo che bisogna correggere delle anomalie che ci sono negli scambi commerciali. E lui ha un approccio estremamente diretto nel cercare di farlo. La possibilità di usare il mercato Nafta come piattaforma di esportazione è stata aperta con Washington e, quindi, bisogna finire quel discorso in una maniera molto chiara».
Posizione, punti di vista e chiarimenti di Marchionne sul tema dazi sono coincisi con la consegna di una Jeep Wrangler all'Arma dei Carabinieri, «visto il sodalizio storico tra la nostra azienda e voi (e di affetto personale da parte di Marchionne: il padre, Concezio, era stato maresciallo nell'Arma, ndr).
Il capo del Lingotto ha quindi ricordato la profonda trasformazione di Jeep sotto l'egida torinese:
da un marchio che vendeva poco più di 300mila unità l'anno, nel 2009, a una Casa mondiale che negli ultimi quattro anni ha superato il milione di veicoli venduti, con l'obiettivo di raggiungere, proprio nel 2018, quota 2 milioni.
Effetto Sud America (e non dazi), infine, per Fca a Piazza Affari: il titolo è
cresciuto del 2,8%, a 16,44 euro, grazie alla ritornata fiducia su quel mercato. Antonio Filosa, coo di Fca per l'area Latam, ha annunciato l'obiettivo di raggiungere una redditività a doppia cifra nei prossimi cinque anni.
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