Dopo Mps e Popolari, la "mina" Bcc

Bankitalia teme un altro terremoto e scrive agli istituti: «Accelerate con le fusioni»

Dopo Mps e Popolari, la "mina" Bcc

Mettere d'accordo decine di campanili diversi è una missione complicata, soprattutto se in ballo ci sono tanti piccoli «feudi» del credito come quelli rappresentanti dalle banche di credito cooperativo. Ma Bankitalia ha perso la pazienza e lancia un appello a fare presto nel concretizzare la riforma del sistema varata a febbraio dell'anno scorso.

In una comunicazione ai capi delle filiali, il dipartimento vigilanza e supervisione dell'istituto «esorta il sistema del Credito Cooperativo a strutturare per tempo i percorsi più idonei e sicuri». Il progetto di riforma contiene infatti «notevoli elementi di complessità» e per questo Palazzo Koch raccomanda agli istituti di credito interessati, di deliberare in occasione dell'approvazione del bilancio 2016 a quale gruppo intendano aderire, e di darne comunicazione sia alla rispettiva capogruppo sia alla Banca d'Italia entro i successivi dieci giorni. L'obiettivo è creare un contesto «favorevole», nonostante la legge dia diciotto mesi di tempo dalle disposizioni attuative emanate a novembre (quindi fino a maggio 2018) per presentare le istanze.

Nella nota via Nazionale richiama le candidate capogruppo a prestare la massima attenzione alla definizione delle condizioni di ammissione, che devono risultare «ancorate a criteri non discriminatori in linea con il principio di solidarietà tra le banche cooperative a mutualità prevalente, come previsto dalla legge». Né l'adesione delle singole Bcc - si legge ancora - potrà essere acquisita assicurando un trattamento più favorevole (ad esempio in termini di più ampi margini di autonomia gestionale), «considerato che i criteri di valutazione dei progetti saranno applicati omogeneamente nei confronti di tutti i costituendi gruppi». Nelle more della creazione dei gruppi ci si aspetta infine che, quando necessario, le Bcc realizzino con tempestività i processi aggregativi al fine di rafforzare, anche prospetticamente, la stabilità dei singoli intermediari e dell'intero sistema del credito cooperativo.

L'istituto guidato da Ignazio Visco non può permettersi che scoppi una nuova grana all'interna di un sistema bancario già messo a dura prova dalla vicenda Mps. Soprattutto se i problemi arrivano da quegli istituti su cui ha mantenuto la Vigilanza visto che quella sulle big del credito spetta a Francoforte. La riforma prevede che le Bcc debbano aggregarsi ma parliamo di 337 banche, fra Credito Cooperativo e Casse Rurali, per un totale di oltre 4mila sportelli sparsi sul territorio (pari a quasi il 15% degli sportelli bancari italiani) e più di un milione di soci. Ciascuna con origini, dimensioni e soprattutto visioni diverse. Il primo tentativo della stessa Bankitalia è stato quello di spingere verso la creazione di un polo unico ma nell'ultima assemblea di Federcasse, l'associazione di categoria, si è preso ufficialmente atto che gli sforzi non hanno portato all'esito desiderato. La normativa prevede che possa costituirsi come polo aggregante chi ha un livello minimo di patrimonio pari a un miliardo. Così è partito il processo di aggregazione di una holding alternativa a Iccrea Banca, quella che fa capo alla Cassa Centrale trentina con cui si è schierata di recente la ChiantiBanca di Lorenzo Bini Smaghi. Altre banche del Centro e del Nord Italia potrebbero aggregarsi al nuovo polo che conta già un centinaio di istituti e la caccia alle adesioni di peso (come quella di Alba, la quarta Bcc d'Italia per patrimonio) è partita da settimane.

Le tensioni porteranno, intanto, alle dimissioni del presidente di Federcasse Alessandro Azzi. Annunciate più volte in caso di naufragio del gruppo unico, sono all'ordine del giorno nel prossimo cda della federazione fissato per il 19 gennaio. Intanto è scesa in pressing Banca d'Italia.

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