Il video spopola su Youtube: giovani al bar o ai tavolini dei fast food di mezza Europa intenti a mangiare cibi immaginari sotto lo sguardo attonito degli altri avventori. Due cartelli in diverse lingue alla fine spiegano l’arcano: «Entro un anno 18 milioni di europei non avranno più da mangiare» e «Diciamo no all’eliminazione del piano europeo di aiuti alimentari». L’hanno chiamato «Airfood Project», più o meno «mangiatori d’aria», ed è una mobilitazione contro le sforbiciate che sette governi dell’Ue vogliono imporre agli aiuti comunitari ai poveri. Sette Paesi, una pattuglia piccola ma potentissima, guidata dalla cancelliera Angela Merkel come nel caso dei tagli (poi rientrati) all’Italia terremotata. Alla Germania fanno compagnia Austria, Danimarca, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Svezia e Regno Unito. L’Europa del Nord, ricca e meno colpita dalla crisi, riduce gli stanziamenti comunitari destinati a chi invece patisce la crisi in misura più drammatica.
Per il 2012 l’Ue aveva assegnato 480 milioni di euro ad aiuti alimentari da distribuire attraverso associazioni nonprofit in 20 Paesi: in Italia il nome più conosciuto è il Banco alimentare che sabato 24 novembre organizza la 16ª Giornata nazionale della Colletta alimentare in 9.000 supermercati mobilitando 130mila volontari. Per l’anno prossimo il programma di aiuti è stato ridotto a circa 300 milioni con un numero maggiore di nazioni coinvolte: chi ne ha risentito maggiormente sono state le persone assistite dalle associazioni da più tempo beneficiarie dei sussidi europei. Il piano chiuderà il 31 dicembre 2013.
L’atto di accusa è sottoscritto anche dal governo italiano e porta la firma del ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, che lo scorso 6 novembre con il collega Corrado Passera ha presentato il Piano italiano di distribuzione degli alimenti agli indigenti: un programma che nel 2012 ha consentito di assistere 3.600.000 persone (un decimo sono bambini sotto i 5 anni) attraverso 14.740 enti caritativi tra cui Caritas, Banco delle opere di carità,Comunità di Sant’Egidio e appunto Banco Alimentare. Ha detto Catania: «Il piano europeo di aiuti è un ottimo esempio di come intervenire nella società attraverso un efficace incontro tra pubblico e privato. Purtroppo, alcuni Paesi dell’Europa non vogliono che questa misura venga rifinanziata oltre il 2013, ma da parte nostra c’è l’assoluto impegno per evitare che ciò accada».
Gli aiuti europei nacquero negli anni degli eccessi di produzione agricola che la Cee acquistava tramite il Feoga per garantire un reddito ai coltivatori. Le derrate venivano distribuite a enti di assistenza per ridurre i costi di stoccaggio e, soprattutto, sfamare milioni di bisognosi. Da qualche anno non ci sono più eccedenze ma è subentrata la crisi. Per non interrompere un sistema di aiuti così importante, l’Ue ha deciso di finanziare direttamente l’acquisto di alimenti per i poveri.
Ma la burocrazia ha le sue ragioni. Questi interventi non sono più di politica agricola ma di coesione sociale, e quindi oltre al cibo - comprendono anche voci come le case popolari. Ciò richiede aggiustamenti di bilancio e nuove intese tra Paesi non ancora raggiunte. Senza accordi, la Corte europea di giustizia ha accolto un ricorso della Germania teso a bloccare gli stanziamenti. Ed ecco il rischio che 18 milioni di europei possano trovarsi tra un anno senza cibo. Le trattative sono in corso. Il ministro Catania ha assicurato l’impegno del governo. Il presidente della Commissione europea, José Barroso, ha rassicurato nei giorni scorsi la Federazione europea dei Banchi alimentari che si cercano «nuovi meccanismi di solidarietà».
Allo studio c’è un nuovo fondo sociale, non più finanziato dalla politica agricola, dotato di 2,5 miliardi di euro per il settennato 2014-2020: un taglio secco di un terzo rispetto ai sussidi attuali.
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