Piazza Affari fa paura alle matricole

Dopo i ritiri di Iol e Intercos, aumentano i dubbi sulle prossime quotazioni. Pesa il «rischio Italia»

Piazza Affari fa paura alle matricole

Il make-up di Intercos e i portali di Italiaonline sono gli ultimi in ordine di tempo ad aver fatto dietrofront a Piazza Affari. Ma tra le società italiane desiderose di sbarcare in Borsa, per finanziare la crescita e guadagnare visibilità, potrebbero esserci altre vittime eccellenti. Quella decina di aziende che programma di quotarsi nei prossimi due mesi: da Fedrigoni ai grandi magazzini Ovs. passando per le antenne di Rayway e Favini.

Così, quello che doveva essere l'autunno caldo della Borsa, si sta trasformando in un incubo per gli advisor e i manager che, in questa difficile condizione di mercato, viaggiano sul filo per capire a che prezzo tentare il debutto sui listini e se ne vale la pena. «Una scelta da equilibristi», spiega Stefano Fabiani, responsabile gestioni patrimoniali di Zenit Sgr, sottolineando che «l'Italia rimane in recessione, le riforme sono in bilico e pesano i dubbi sull'efficacia delle misure adottate dal numero uno della Bce, Mario Draghi. Ad aggravare il quadro ci sono poi fattori esogeni come i rischi legati a possibili conflitti internazionali e ad Ebola». In questo contesto, «i grandi investitori esteri - aggiunge Fabiani - stanno alla finestra, vendono, e attendono l'eccellenza, pretendendola pure a prezzi bassi».

Una situazione già vista a Piazza Affari. Era già successo a luglio, infatti, che gli investitori esteri si ritirassero in buon ordine quando, dopo i flussi d'acquisto dei primi tre-quattro mesi, il dato negativo sul Pil di maggio aveva depresso gli entusiasmi. A complicare il quadro erano poi intervenute nuove norme retroattive sul mercato delle energie rinnovabili (il decreto «Spalma-incentivi»), con l'esito di mettere in fuga gli investitori. A farne le spese sono state Api, Value Partner e il gruppo farmaceutico Rottapharm, che ritirò il collocamento pochi giorni prima di Sisal (giochi). E, nonostante la quotazione riuscita, Fincantieri: a tre mesi di distanza, la società di cantieristica navale resta sotto il prezzo di quotazione (in area 0,66 euro da 0,75).

È vero, però, che le società non sono tutte uguali. A luglio Fineco, la controllata di Unicredit, ha raccolto una forte domanda, chiudendo con successo il proprio collocamento. Se è vero dunque che il mercato, in questo momento, è principalmente nelle mani del compratore (e non del venditore), ci sono aspetti che fanno la differenza. «Intercos aveva ottimi fondamentali - spiega Alberto Checchinato di Fidentiis - ma ha sbagliato il prezzo dell'Ipo».

Così, ora a tremare sono le società in lista di attesa: Favini, Zanetti-Segafredo, Ovs, Four Season, RaiWay, Aeroporto di Bologna, Sorgente Res e Fedrigoni. Per la società di Verona è arrivato ieri l'ok di Consob al prospetto informativo. L'offerta sul 35% della società inizierà lunedì e terminerà il 23 ottobre. Le azioni saranno collocate tra 5,5 e 7 euro. «La cartiera che già tre anni fa aveva tentato la strada della Borsa - spiega un analista - non ha un business dei più appetibili, ma il gruppo una presenza internazionale (Brasile, Spagna) ed è uno dei fornitori della Bce per la stampa dell'euro. Non avere una presenza solo domestica può aiutare e questo è un punto in più per società come Zanetti e Favini».

Un'altra variabile chiave è la destinazione dei proventi dell'Ipo.

«La storia insegna che quotarsi solo per ripianare i debiti non è una mossa vincente. Così - conclude l'analista - potrebbe preoccupare il caso Ovs, appesantita da 980 milioni di indebitamento». Le prossime Ipo saranno comunque test per le grandi quotazioni pubbliche del 2015: Poste, Enav e Sace.

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