Non è affatto un caso che l'ultima delle mandrie di bufalotte che si aggirava sul sito del Pd sia già sparita. Quella delle 30-slide-30, nuova opera omnia di Matteo Renzi data alle stampe poco prima che l'Istat confermasse i dati sulla «crescita zero», involontaria metafora di personali destini. Ma è solo l'ultima conferma di una realtà che sta emergendo sempre più prepotente: le grandi riforme renziane, sono rimaste sulle slide. Non stanno producendo gli effetti sperati e in alcuni casi sono morte ancora prima di nascere o tutt'al più destinate a diventare piccoli aggiustamenti.
Ne sa qualcosa Roberto Perotti, chiamato alla spending review dopo che Carlo Cottarelli si era dimostrato «poco affidabile», leggi «addomesticabile». Lo stesso è stato per Perotti, che ieri in una lunga intervista sul Corsera ha regalato squarci interessanti. Una risposta su tutte, sublime, sulla «spesa ridotta di 25 miliardi», secondo il premier. «Non è un'affermazione inesatta, ma altamente ingannevole», risponde. Il dettaglio sui 25 miliardi lo spiega. «I capitoli che sono stati ridotti lo sono stati per circa 25 miliardi. Nel frattempo altri sono stati aumentati in maniera equivalente, quindi la spesa non è scesa». Lo stesso vale per i quattro fiori all'occhiello di Renzi: Jobs Act, Pa, decreto Banche pop e Legge Boschi. Riforme che uno studio Ambrosetti Club guidato da Nicola Rossi ha giudicato essere una «manutenzione del sistema», più che «uno shock importante». Ecco le sei grandi riforme che si sono col tempo ridimensionate o arenate.
TAGLI E SPESA PUBBLICA
La prima e più grave delle occasioni fallite. I commissari nominati da Renzi per ridurre la spesa si sono dimessi uno dietro l'altro e anche la Corte dei Conti ha certificato il flop mettendo nero su bianco un «parziale insuccesso». Tanto che alla fine il termine spending review è sparito dall'agenda. Troppi sussidi, troppi bonus per acquisire consenso, solo rimaste misure piccole e poco coordinate, senza disegno complessivo. I freddi numeri purtroppo confermano: il debito pubblico è aumentato con Renzi di 141,2 miliardi (da 2.107,6 miliardi di febbraio 2014 a 2.248,8 del giugno scorso).
ABOLIZIONE PROVINCE
Sbandierata urbi et orbi, si è scoperto che gli enti esistono ancora, seppur come «di secondo livello»; consiglieri e presidente non vengono più eletti dai cittadini bensì dai consiglieri comunali di zona. Oscure le competenze, così come gli effettivi risparmi, invalutabili, giacché i dipendenti sono stati presi in carico da Regioni, Città metropolitane e altri enti locali.
RIFORMA MADIA (P.A.)
La legge manca di sostanziali novità. Sta già emergendo oltretutto che le novità sono poche e non decisive e la burocrazia ministeriale impiegherà un niente ad aggirare i limiti che si volevano imporre per premiare la meritocrazia. Troppe enunciazioni generiche e su un elenco infinito di casi e sottocasi, ognuno ovviamente con deroga inclusa. I vincoli alle partecipate? Già espressi in passato e generici. I boiardi che le comandano così non faticheranno a dire che li stanno rispettando. Soprattutto se la loro fede nei confronti dell'amministrazione politica è comprovata. Si rischia di creare 150mila dipendenti pagati per non far nulla ove si desse corpo alla chiusura delle aziende inutili. E oltretutto il quadro dei risparmi promessi si va via ridimensionando. L'omogeneizzazione delle retribuzioni per i dirigenti non poterà risparmi e alla fine tenderà inevitabilmente verso l'alto. E va ricordato che i dirigenti pubblici italiani restano tra quelli più pagati al mondo.
JOBS ACT
Più che impressioni e polemiche, basti citare i dati Istat sulla disoccupazione, in particolare giovanile, di pochi giorni fa (tra i 15 e i 24 anni vola al 39,2%). Drammatici.
«BUONA SCUOLA»
«Finalmente ho compreso il significato della Buona scuola - scrive un docente - ho visto sui giornali la foto del primo giorno di scuola della sig.ra Landini in Renzi, abbronzata e serena, già precaria, e finalmente con la cattedra sotto casa». Maldicenze a parte, i professori di ruolo imbufaliti per i meccanismi delle valutazioni, quelli entrati per le «deportazioni» da Sud a Nord. Se e come influirà sulla regolarità delle lezioni si vedrà. Il novembre si preannuncia più che caldo. Focoso.
RAI, DI TUTTO DI PIÙ
Fuori i partiti dalla Rai, aveva detto. Poi ha imposto il canone in bolletta. Quindi, ha cacciato i direttori non «in linea». Ma dei 1.600 giornalisti, 600 sono inquadrati come «dirigenti». «Una percentuale pazzesca - spiega Perotti -. Se si compara alla Bbc, il costo medio del lavoro per unità di valore aggiunto è molto più alto. La Rai ha troppi soldi.
Il canone in bolletta? Attenti alla retorica della lotta all'evasione. Se recuperi risorse e poi le usi per rimpinguare ancora di più la Rai e i suoi dirigenti, a che serve?». Magari a suonare il piffero. E chissà se basterà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.