Da alcuni decenni vari Stati europei (e l'Italia non fa assolutamente eccezione) stanno introducendo modifiche al loro sistema previdenziale. In sostanza, periodicamente si procede a ritardare l'età della pensione, aumentare il prelievo a carico dei lavoratori e, infine, ridurre l'entità dei vitalizi. Ma come mai tutto questo? Per quale motivo si dovrà lavorare sempre di più, sopportare prelievi crescenti dallo stipendio e, infine, avere pensioni di volta in volta più leggere?
In generale si mette sotto accusa la demografia. Si sottolinea come dopo il baby-boom degli anni Sessanta la fertilità degli europei si sia ridotta considerevolmente e come questo crei problemi di tenuta a un sistema previdenziale nel quale le risorse versate dai lavoratori attuali servono a finanziare la vecchiaia di chi ha lavorato in passato. Ci troviamo con molti vecchi e pochi giovani, costretti a pagare somme crescenti. Ma la demografia è solo una parte - e la meno importante - del problema. Il vero dramma, in effetti, deriva dal fatto di avere sposato una logica socialista. Una soluzione esiste ed è il ritorno al capitalismo. Si tratta insomma di permettere a ogni lavoratore di costruirsi un accantonamento privato (presso una banca o un'assicurazione) e gestire quel capitale spostandolo verso il gestore che dà più affidamento. In tal modo verrebbe meno la collettivizzazione intergenerazionale odierna, in cui ognuno è costretto a dare i propri soldi a un apparato pubblico che poi distribuisce i capitali in maniera assai arbitraria. La strada dei conti correnti individuali fu imboccata dal Cile molti decenni fa, quando il ministro José Piñera privatizzò la previdenza. Tuttora nel Paese latinoamericano i lavoratori dispongono di un conto personale vincolato, su cui depositano il 10% del loro stipendio: tali soldi sono investiti e accumulati fino a quando possono essere convertiti in un vitalizio di una certa consistenza. Questo ha posto le premesse per un formidabile boom economico, dal momento che i fondi che raccolgono risorse le destinano a finanziare strade, ospedali e imprese di altro genere: costruendo ricchezza e garantendo un alto rendimento per le somme versate. Non è allora sorprendente che molti altri Paesi abbiano copiato - in tutto o in parte - il modello pensionistico cileno, concorrenziale e controllato dai lavoratori, in cui si evita ogni confusione tra previdenza e assistenza: dato che la prima è privatamente gestita dai lavoratori, mentre la seconda è sostenuta dalla tassazione ordinaria.
Oggi, transitare dal socialismo al mercato sarebbe una rivoluzione di non semplice realizzazione. Nella prima fase post-riforma bisognerebbe garantire le pensioni dei vecchi pensionati e, al tempo stesso, lasciare sufficienti risorse ai lavoratori attuali, così che possano costruirsi la loro previdenza. Tutto questo è possibile a condizione che ci si renda conto che il sistema attuale non regge più: che esso è ingiusto e fallimentare. Per avere le risorse necessarie a soddisfare le legittime pretese degli anziani e permettere ai giovani di avere un futuro bisogna insomma che la questione previdenziale sia posta al cuore delle politiche pubbliche. Tutto deve essere orientato a far quadrare il cerchio: e allora bisognerà tagliare le spese, privatizzare gli apparati statali, ridurre la tassazione.
Solo liberando ricchezza in tal modo si può immaginare di uscire dal comunismo previdenziale del nostro tempo per accedere a un sistema pensionistico liberale, in cui ognuno può responsabilmente farsi carico del proprio futuro e non pretendere che altri lavorino per lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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