In Italia sarebbero possibili risparmi sulla spesa pubblica locale per 23 miliardi l'anno senza tagliare i servizi ai cittadini, anzi migliorando quelli delle regioni che oggi hanno offrono i livelli peggiori.
È quanto emerge da un rapporto dell'ufficio studi di Confcommercio presentato questa mattina a Roma. La spesa pubblica locale ammonta complessivamente a 176,4 miliardi ma, è il ragionamento di Confcommercio, ne basterebbero 102 perchè ciascuna regione possa offrire gli stessi servizi ai prezzi migliori (quelli della Lombardia, secondo lo studio). Dunque 74,1 miliardi di spesa, pari al 42% del totale, sono in eccesso. Posto che per portare tutti i servizi al livello della regione più efficiente bisognerebbe reinvestire 51,2 miliardi, circa 23 miliardi di spesa di regioni, province e comuni sono "del tutto ingiustificati".
Gli "eccessi" di spesa pubblica locale sono particolarmente evidenti nelle regioni a statuto speciale, in quelle del Sud e in quelle più piccole, che a parità di altre condizioni sprecano di più di quelle grandi per diseconomie di scala. Nelle regioni a statuto speciale, su 34,4 miliardi di euro di spesa l'anno, 21,9 miliardi sono ingiustificati (il 63,6% della spesa contro il 36,8% registrato nelle regioni a statuto ordinario)."Queste regioni, salvo la Sicilia, offrono dei servizi ottimi, ma a prezzi troppo alti rispetto a quelli della regione di riferimento", ha spiegato il direttore dell'ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella. Basti pensare che la spesa pubblica locale per abitante in Val d'Aosta o in Trentino Alto Adige è più che doppia rispetto a quella del Paese (rispettivamente 6.943 e 6.273 euro contro una media di 2.963 euro). Nelle regioni del Sud, l'eccesso di spesa ammonta al 63,9% del totale contro il 30,7% registrato in quelle del centro-nord.
"Siamo di fronte a una ripresa ancora fragile che deve essere irrobustita. - ha detto Carlo Sangalli - Chiediamo al governo di vincere la scommessa di trasformare la ripresa in vera crescita". Secondo il presidente di Confcommercio, "la via obbligata" è intervenire su spesa pubblica improduttiva, che presenta ampi margini di riduzione.
"Non chiediamo tagli lineari - ha precisato - ma di usare il bisturi per tagliare gli sprechi ritenuti aggredibili, che ammontano a 23 miliardi. Solo così si troveranno le risorse necessarie per ridurre tasse a famiglie e imprese e accelerare l'irrobustimento della crescita". Sangalli ha quindi chiarito quali sono le richieste dell'organizzazione: "chiediamo al governo di cancellare le clausole salvaguardia se non si vuole cancellare la ripresa e chiediamo un sistema con pochi tributi, più equi, un fisco più affidabile con l'adozione di fabbisogni e costi standard. In altre parole, un fisco amico della crescita". Riguardo all'attuabilità del piano di taglio delle tasse da 45 miliardi annunciato da Matteo Renzi, Sangalli si augura che i conti pubblici e una revisione più coraggiosa di spesa pubblica "consentano al governo di trasformare gli impegni in fatti concreti.
Ogni risorsa recuperata dal taglio degli sprechi deve essere destinata a ridurre la pressione fiscale, sperando e augurando che si possa anticipare dal prossimo anno la riduzione dell'Irpef. Chiediamo infine che l'Imu sugli immobili delle imprese sia totalmente deducibile".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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