«La rivoluzione del digitale contaminerà il made in Italy»

L'imprenditore vede la crisi come grande opportunità

Antonio Risolo

Bresciano, 26 anni, Davide Dattoli è il fondatore e amministratore delegato di Talent Garden, il più grande network europeo di coworking focalizzato sul digitale e sull'innovazione. La notizia, però, è che l'azienda - 50 dipendenti, quartier generale a Brescia - è stata fondata cinque anni fa, quando Dattoli di anni ne aveva 21.

In parole semplici significa: «Oggi Talent Garden - dice il giovane imprenditore - in 17 diverse città, in 5 Paesi europei, ospita start up, liberi professionisti, imprenditori del mondo del digitale e dell'innovazione. Insomma abbiamo circa 1.500 clienti».

Due i temi sul tappeto. Da una parte, quindi, c'è un mondo in cui sempre di più è possibile creare nuove imprese, nuove realtà alla prese con progetti di innovazione in risposta alla crisi. «O che sfruttano la crisi degli altri - aggiunge Dattoli - per crescere e sviluppare business. Il secondo fronte riguarda esclusivamente il tema del digitale, una grande opportunità anche per le imprese più tradizionali. Voglio dire che stiamo andando verso la contaminazione digitale che si può creare nei confronti del made in Italy. Proprio con Intesa Sanpaolo abbiamo sviluppato percorsi formativi per aiutare imprese medie e piccole a crescere e a svilupparsi».

Perché il digitale non significa solo comunicazione: «Significa soprattutto - continua l'imprenditore - ottimizzare i processi, cambiare le metodologie di lavoro, riuscire a raggiungere i mercati esteri. Noi siamo in grado di offrire questo importante contributo».

Dattoli lancia la sfida e spiana la strada a quel piano nazionale Industria 4.0 che tanto sta a cuore ai vertici di Intesa Sanpaolo.

«Purtroppo - osserva Dattoli - devo ammettere che in Italia siamo un po' in ritardo rispetto ad altri Paesi. Siamo partiti più lentamente, ma c'è parecchio fermento, tanto che oggi si può accelerare per recuperare il gap. Talent Garden sta facendo proprio questo: costruire veri e propri distretti industriali del digitale, vale a dire luoghi tipici in cui mettere insieme persone, aziende, e le più diverse realtà che si occupano dell'innovazione digitale, tutte vicine perché solo così si possono creare sinergie, collaborazioni, esattamente come avviene in un qualsiasi distretto industriale tradizionale. Non si condivide più la vicinanza tra capannoni, ma scrivanie, wi-fi e altro ancora».

É contagioso

l'ottimismo del giovane imprenditore bresciano: «La cosa bella - conclude - è che in Italia, nonostante la crisi e le mille difficoltà nascono aziende che si stanno sviluppando tantissimo. Costruendo risposte diverse alla crisi».

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