Sorgenia, De Benedetti alle corde

Sale il pressing delle banche creditrici per l'aumento di capitale. Mercoledì il nuovo incontro

Sorgenia, De Benedetti alle corde

Carlo De Benedetti sta facendo di tutto per tenersi stretto l'intero gruzzolo ricevuto da Fininvest con il Lodo Mondadori (350 milioni l'incasso netto), ma se vorrà evitare il peggio per la sua Sorgenia alla fine dovrà aprire il portafoglio. Tra le banche creditrici, infatti, è in aumento il pressing perché la famiglia dell'Ingegnere accetti di versare mezzi freschi nell'avamposto energetico del gruppo Cir-Cofide, mandato in cortocircuito da 1,8 miliardi di debiti e dalla «ritirata» di Verbund, il suo socio industriale.
Il prossimo faccia a faccia è fissato mercoledì 15 gennaio e alcune tra le banche creditrici (assistite da Rothschild) sarebbero pronte a usare come minaccia la stessa messa in discussione della moratoria dei debiti concessa fino a luglio. La trattativa promette di trascinarsi fino all'estate e Sorgenia si è affidata alle cure di Lazard, ma per capire il problema è sufficiente dare un'occhiata ai numeri: Sorgenia, che conta 500mila clienti, nei primi nove mesi dello scorso anno dichiarava una perdita prossima a 430 milioni. La sua principale creditrice è invece il Monte dei Paschi (600 milioni), che certo non ha bisogno di ulteriori minusvalenze, quindi seguono con posizioni ingombranti Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Bipiemme, Banco Popolare e Mediobanca, oltre ad altri istituti minori fino appunto a comporre l'indebitamento complessivo di 1,8 miliardi.
Nessuno pare comunque disposto ad accettare l'ipotesi di ristrutturazione formulata da Sorgenia nel primo incontro di dicembre, con la possibile trasformazione di una parte dei debiti in capitale, così da ridurli di un terzo: 600 milioni. Un piano ormai difficilissimo da realizzare, e per le banche da spiegare ai rispettivi azionisti, visto che Verbund, l'equivalente austriaco dell'Enel e socio di Cir, ha appena deciso di azzerare il valore della propria quota (45,6%) in Sorgenia, a fronte di una «perdita durevole nel tempo», sancendo così di fatto che la stessa non vale più nulla.
Mercoledì l'attenzione delle banche sarà puntata sia sui 600 milioni di debito della capogruppo considerati in eccesso, sia sulle intenzioni dei soggetti esteri che avrebbero iniziato a candidarsi per ritirare i crediti vantati dalle banche. Si tratterebbe di fondi riferibili a gruppi come JpMorgan, Goldman Sachs, Citi e Deutsche Bank ma il prezzo proposto sarebbe stracciato: secondo quanto ha ricostruito il Messaggero, alcuni possibili pretendenti avrebbero messo sul piatto il 10-20% del nominale. Al vertice dovrebbe essere presente il presidente del gruppo Cir, Rodolfo De Benedetti, ma tra le banche, pur nella inevitabile divisione tra «falchi» e «colombe», appare diffuso l'orientamento a non voler registrare ulteriori minusvalenze, se non vedranno anche i De Benedetti partecipare ai «danni». Con appunto la ricapitalizzazione o alcune rapide cessioni.

In gioco ci sono i 50 milioni di crediti che dovrebbe ricevere Sorgenia - cui fanno capo, in comproprietà con Gdf Suez, le centrali di Tirreno Power - per resistere in attesa dell'annunciata ristrutturazione. La famiglia De Benedetti aveva invece vincolato la propria disponibilità a ricapitalizzare Sorgenia, al contestuale impegno di Verbund. Prospettiva oggi quasi impraticabile.

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