Come "spremere" 500 milioni dal fotovoltaico

È uno dei settori che ha tirato maggiormente fino all'anno scorso. Da mesi alle Finanze giace un progetto per tosarlo (fiscalmente)

Come "spremere" 500 milioni dal fotovoltaico

È uno dei settori che ha tirato maggiormente fino all'anno scorso. Grazie a generosi conti energia. Si tratta delle energie rinnovabili. Il pensiero va subito al fotovoltaico e alle pale eoliche. Anche se la realtà è molto più complessa. In Italia ci sono, secondo il Gse, più di 5.300 impianti. Il punto è che il governo ha disperato bisogno di quattrini. E da mesi al ministero delle Finanze, ma anche allo Sviluppo economico (nella foto il ministro Flavio Zanonato) e all'Ambiente, giace un progetto per tosare (fiscalmente si intende) il settore.

Il sistema di incentivazione delle rinnovabili sembra a prima vista indolore, ma di fatto contribuisce ad aumentare il costo in bolletta dell'energia elettrica. Non vogliamo addentrarci sulla bontà di questo programma monstre di finanziamento di questo genere di produzione elettrica, in questa zuppa ci interessa solo dire che l'esecutivo vuole recuperare una bella montagna di soldi. I numeri precisi non ci sono, poiché dipendono dal tipo di intervento. Ma informalmente si parla di almeno 500 milioni l'anno, per i prossimi dieci anni. Di questi tempi un bottino che fa davvero gola. Sembra esclusa l'ipotesi di ridurre le incentivazioni a kilowatt prodotto. I conti energia (ce ne sono stati cinque) sono di fatto un contratto e cambiarlo in corso d'opera porterebbe a un contenzioso legale e amministrativo lunghissimo. Correrebbe il rischio di essere bloccato da qualche tribunale e dunque di non generare la cassa che si attendono al Tesoro. Il progetto è un po' più complicato, ma altrettanto dirompente. L'idea è quella di agire sugli interessi passivi. Cerchiamo di spiegare un po' meglio. Molte delle operazioni sono state finanziate a debito. Il processo era molto semplice (pensiamo al fotovoltaico). Un impianto da un megawatt agli esordi (2007-2008) poteva costare circa 5 milioni (oggi grazie alla riduzione dei costi dei pannelli supera di poco il milione). Il veicolo che entrava nel settore si indebitava anche per l'80-90% dell'investimento. Alle banche infatti bastava sapere che i canoni dell'incentivo sarebbero finiti sul suo conto. Poco rischio, molto rendimento. Ora il governo sta studiando un sistema per rendere una buona fetta degli interessi passivi pagati da queste società indetraibili.
In sostanza, oggi un impianto fotovoltaico fatto con i primi incentivi non potrà detrarsi come costo la grande montagna di interessi passivi che paga alle banche per il debito contratto per costruire l'impianto. L'esecutivo sa che, soprattutto per i primi impianti, ci sono margini altissimi per gli investitori. E sa pure che gli impianti più grandi sono fatti da società, spesso straniere, che hanno canalizzato la loro liquidità verso un investimento che ritenevano non solo molto redditizio, ma a bassissimo rischio. I tecnici del ministero stanno ragionando anche su come intervenire su quelle strutture societarie più complicate, che vedono a monte una holding che a sua volta controlla società semplici con in pancia il solo impianto rinnovabile.

Dal punto di vista macroeconomico si tratta di una tassa in più: gonfio il reddito netto fiscale, non permettendo ai soggetti economici di detrarsi i propri costi per finanziamenti e leasing.

Dal punto di vista dei consumatori poco cambia: il prezzo esorbitante dell'energia in Italia, in parte derivante proprio dagli incentivi di cui godono i produttori, resterà in bolletta. Stato grasso e cittadini a stecchetto. La solita storia.

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