Il Focus di R&S Mediobanca sulle dinamiche del settore televisivo italiano attraverso l'analisi dei bilanci nell'arco temporale tra il 2012 e il 2016 presentato venerdì scorso dalla dottoressa Nadia Portioli ha richiamato la mia attenzione. Oltre ad apprendere i buoni risultati fatti registrare nel 2016 dai tre big del settore, mi sono soffermato con una certa curiosità sulle voci relative alla nostra televisione di Stato. Visto che si paga il canone e proprio dal 2016 il prelievo avviene direttamente dalla bolletta elettrica, si tratta, a ben vedere, di una curiosità più che legittima. Ebbene, dei 100 euro che abbiamo pagato nel 2016 solo 83 sono finite nelle casse della Rai, il resto in quelle dello Stato. Normale? Mica tanto! Io, come credo tutti i cittadini-contribuenti possessori di un televisore, ritenevamo che tutto il prelievo dovesse finire al servizio pubblico radiotelevisivo, magari per migliorare la qualità-utilità delle trasmissioni. Invece non è così: 17 euro dei famosi 100 hanno preso in quell'anno la direzione della finanza pubblica. Una vera e propria tassa occulta (è lecito pensare che ce ne siano altre e ci si guarda bene dal comunicarlo). Un canone tradito, insomma. Come se nel Belpaese già non fosse esagerato il livello di tassazione. Ma la trasparenza con stranezze assortite, si sa, non è la virtù più in voga nel Palazzo. E, se proprio vogliamo dirla tutta per restare sul terreno delle stranezze legate al servizio pubblico radiotelevisivo di Stato, è illogico e disarmante che a fronte delle copiose entrate con l'obbligatorietà del canone non si assista parimenti ad una drastica riduzione della pubblicità.
Come sempre evidenziato dal citato prezioso studio di Mediobanca succede in altri Paesi. È una posizione di privilegio incongrua e contro la libertà di mercato. Servono nuove regole. E un palinsesto trasparente e ragionevole.www.pompeolocatelli.it
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