Lunedì Unicredit farà partire sul mercato il più grande aumento di capitale mai tentato in Italia.
Un'operazione ad 13 miliardi indispensabile per il futuro dell'unico istituto sistemico del Belpaese. Nonchè il più europeo fra le big del credito nostrane. Ecco perchè, per la prima volta (nel caso del recente prospetto sull'aumento del Mps non vi era traccia di un simile avvertimento), fra i «fattori di rischio» del maxi aumento elencati dalla nota di sintesi approvata dalla Consob, vengono citate l'ipotesi di «uscita di uno stato membro dall'Euro», le incognite su come potrebbero essere gestite in questo caso «le attità e passività correnti denominate in euro» del Paese, ma soprattutto la «disgregazione dell'area euro». Che «potrebbe essere accompagnata dal deterioramento del contesto economico e finanziario nella Ue e potrebbe avere un effetto negativo rilevante sull'intero settore finanziario, creando nuove difficoltà nella concessione di prestiti sovrani e alle imprese e comportando notevoli alterazioni delle attività finanziarie sia a livello di mercato sia a livello retail». Non solo. «Tale circostanza - scrive Unicredit - potrebbe avere un impatto negativo significativo sui risultati operativi e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del gruppo». Insomma, sarebbe una sorta di asteroide per i conti della banca.
Nel prospetto depositato in Consob si leggono altri dettagli interessanti sull'aumento in rampa di lancio. Alla data del documento nessuno degli azionisti rilevanti (ovvero con partecipazioni pari o superiori al 3% del capitale), nè i membri del cda e del collegio sindacale, nè i dirigenti con responsabilità strategiche «hanno espresso alcuna determinazione in ordine alla sottoscrizione delle nuove azioni loro spettanti in opzione». L'ad Jean Pierre Mustier ha già incassato il sostegno della Fondazione Crt (oggi al 2,3%) e l'adesione (al 73% della quota) di CariVerona che oggi detiene il 2,2% ma dopo l'aumento scenderà all'1,8 per cento. Resta l'incognita dei libici che, mettendo insieme le quote della banca centrale con quelle del fondo sovrano Lia, hanno ancora circa il 4% di Unicredit. Ma secondo quanto riferiscono fonti finanziarie al Giornale, il fondo parteciperà all'aumento ma non per l'intero pacchetto posseduto. Anzi, alla fine rimarrà con circa un terzo della posizione. Uno «zero virgola», insomma. Gli altri azionisti principali sono Capital Research and Management con il 6,7%, il fondo di Abu Dhabi Aabar con il 5%, Blackrock con il 4,8 per cento.
Sempre dal prospetto si evince che l'ammontare complessivo delle spese relative all'aumento di capitale da 13 miliardi del gruppo presieduto da Giuseppe Vita «è stimato in circa 500 milioni massimi, comprensivi di spese per consulenza, spese vive e delle commissioni di garanzia». Di conseguenza, i proventi netti derivanti dall'aumento di capitale in opzione, in caso di integrale sottoscrizione, saranno di circa 12,5 miliardi.
Nel frattempo, in Piazza Affari, il titolo ha chiuso la seduta di ieri - l'ultima prima del varo dell'aumento - a 26,16 euro, valore che porta lo sconto sul Terp, il prezzo teorico dell'azione dopo lo stacco del
diritto di opzione, al 38,3 per cento. Nel dettaglio, dopo lo stacco del diritto lunedì il titolo Unicredit avvierà le negoziazioni a 13,1 euro. Parallelamente gli scambi sul diritto partiranno da un prezzo di 13,05 euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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