Unicredit toglie il tetto al 5% sul voto

Via alla nuova governance. Le azioni di risparmio saranno convertite in ordinarie

Camilla Conti

Unicredit elimina il tetto del 5% all'esercizio del diritto di voto in assemblea, trasferisce la sede sociale da Roma a Milano (dove ha già la direzione generale) e rafforza il governo societario con un nuovo statuto da public company, che dovrà essere approvato dai soci il prossimo 4 dicembre. I nuovi passi dell'ad Jean Pierre Mustier lungo la strada tracciata dal piano Transform 2019 sono stati approvati ieri all'unanimità dal cda dell'istituto.

Le principali modifiche statutarie riguardano l'attribuzione al Consiglio della facoltà di presentare una propria lista di candidati alla carica di amministratore e l'incremento (a due) del numero degli amministratori tratti dalla lista di minoranza, «a prescindere dal numero dei componenti del cda». Quanto all'eliminazione del tetto del 5% (che con la sede sociale fissata a Roma era stato ereditato dalla fusione con Capitalia) l'obiettivo è allineare la governance di Unicredit al principio per cui il sistema di voto è proporzionale al capitale investito (il cosiddetto modello «un'azione, un voto»). La modifica è condizionata al fatto che il diritto di recesso non superi lo 0,25% del capitale e, in ogni caso, «per preservare gli interessi della società» il cda potrà rinunciare a metterla in atto.

L'azionariato della banca registrato all'ultima assemblea di maggio vede il fondo Aabar saldo con un quota al 5,059%, le fondazioni ridotte al 4,6% (le partecipazioni più rilevanti sono l'1,8% di Verona e l'1,7% di Torino), la Delfin del patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, con l'1,9% e Allianz con l'1,01% (mentre Generali certifica uno 0,05%). Approvata, infine, la conversione obbligatoria delle 252.489 azioni di risparmio in ordinarie: il rapporto di conversione sarà di 3,82 ordinarie più un conguaglio di 27,25 euro ogni titolo di risparmio.

Nel cda di ieri non si sarebbe invece parlato dei rumors rilanciati mercoledì dall'agenzia Reuters su una possibile fusione fra l'istituto milanese e Commerzbank di cui il governo di Berlino possiede ancora il 15,6% che intende mettere sul mercato. Il ministro delle Finanze tedesco ha smentito anche le indiscrezioni apparse su Wirtschaftswoche secondo cui Berlino vedrebbe con favore un'aggregazione tra Commerzbank e la francese Bnp Paribas. «Queste notizie non sono corrette. Non stiamo negoziando e non abbiamo incaricato alcuna banca di investimento sulla cessione della partecipazione dello Stato in Commerzbank», ha affermato un portavoce del Ministero. Aggiungendo che la posizione su Commerz resta invariata. «Non siamo sotto pressione per una scadenza. Vogliamo raggiungere un buon risultato in prospettiva per i contribuenti».

Qui in Italia, intanto, gli operatori non considerano ancora maturi i tempi per un'integrazione fra Unicredit e un'altra banca europea. In Piazza Affari ieri il titolo del gruppo di piazza Gae Aulenti ha guadagnato il 2% pareggiando quindi il calo del 2,2% registrato mercoledì.

Per gli analisti di Equita, «le probabilità che in un orizzonte temporale di due anni si giunga a una combinazione fra le due banche sono molto basse. Tra le motivazioni, gli analisti citano le dichiarazioni di Mustier che ha più volte confermato che il focus al momento è sull'esecuzione del piano industriale al 2019 su basi stand-alone.

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