da Milano
La sanità privata più conveniente di quella pubblica: un paradosso che la Finanziaria ha trasformato in realtà. Grazie - si fa per dire - ai nuovi ticket sulle ricette e sulle prestazioni, fare un esame di laboratorio in una struttura pubblica costa spesso di più (in media oltre dieci euro) rispetto a quanto si spenderebbe per le stesse prestazioni in uno studio privato. E questo vale per gli esami più comuni, come quelli del sangue o una lastra al torace, ma anche per lecocolordoppler o, in alcuni casi, per lelettrocardiogramma. Vediamo come si entra in questo labirinto, nel quale si stanno smarrendo medici, titolari di laboratori e soprattutto i cittadini, per lo più ammalati o con il sospetto di esserlo.
La misura che prevede laumento di 10 euro per i ticket su visite specialistiche ed esami è entrata in vigore con il 1° gennaio, come previsto dalla Finanziaria 2007. Questo vale per tutte le Regioni e comporta il pagamento di 46,15 euro per un massimo di otto prestazioni contro i 36,15 previsti prima della Finanziaria.
Che cosa avviene nella pratica? Allo sportello del laboratorio di analisi, i pazienti arrivano con la ricetta del medico di base e già questo significa 10 euro da pagare. Poi si passa alla verifica delle prescrizioni: in questo caso, ovviamente, la spesa varia a seconda delle richieste del medico. Il problema è che buona parte delle prestazioni richieste, se pagate a tariffa libero professionale in base al tariffario nazionale, costerebbero meno. Alcuni esempi: lesame base del sangue (emocromo, azotemia, colesterolo, ves, ferro ecc.) costa 21 euro nel centro privato e 33,30 euro, come si diceva una volta, «con la mutua». Se il medico ci aggiunge, come spesso avviene, lelettrocardiogramma e una radiografia al torace, per un check-up completo, la spesa totale ammonta a 87,85 euro contro i 76 che si pagherebbero privatamente.
Anche perché non è possibile accorpare esami cosiddetti «di branche non omologhe», ossia di ambiti diversi, sulla stessa ricetta: e questo significa pagare dieci euro per ognuna. Tre ricette, trenta euro: e a questi naturalmente si devono aggiungere i ticket. Tanto che, ormai, cè chi oltre alla ricetta si porta in laboratorio anche la calcolatrice. In molti grandi centri di analisi, gli impiegati allo sportello sono ormai allenati: spiegano al cliente quanto verrebbe a pagare con i ticket e quanto senza, perché possa scegliere che cosa gli conviene fare. E spesso, come abbiamo visto, ricorrere al sistema sanitario nazionale non risulta più vantaggioso.
Un aumento di lavoro anche per i medici di base, obbligati a tenere conto della spesa come e più che delle esigenze diagnostiche: troppe ricette diverse, come abbiamo visto, provocano un aumento dei costi. Daltra parte, si penalizzano i comportamenti «virtuosi», di chi opta per una prescrizione singola, quella più necessaria: chi riempie la ricetta al massimo, paradossalmente paga meno. Da qui, la tentazione del «pacchetto-risparmio», magari anticipando analisi che si sarebbero fatte in un secondo tempo.
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