Elisa: "Con mia figlia sono più rock"

La cantante, mamma da poche settimane, presenta il suo nuovo disco dedicato alla piccola Emma. Con lei cantano i Negramaro e Antony & The Johnsons

Elisa: "Con mia figlia sono più rock"

Trieste - Calma, ancora un istante, non insistete: Elisa sta allattando. Proprio così, la sua Emma Cecile è nata il 22 ottobre, è microscopica e assonnata e a lei è dedicato Heart, il nuovo cd che esce oggi ed è proprio come il castello del Quattrocento a due passi da casa sua, a Duino Aurisina, dove lei l’ha presentato: confortevole e aggressivo, protetto ma con una visuale che arriva fin là in fondo finché il mare confina con l’orizzonte. «Ero incinta, non potevo fumare e dovevo scrivere i testi dell’album, in pratica ero isterica», spiega dopo aver allattato. Intanto ha registrato un disco rock, ma rock davvero senza tanti fronzoli, persino migliore nelle parti in italiano che in quelle in inglese. D’altronde lei è così, una e bina, e stavolta non ci mette molto ad ammettere che, sì, «adesso mi racconto meglio senz’altro».

Cara Elisa, è merito della maternità?
«In realtà il disco era finito dieci giorni prima che diventassi mamma. Però ho dedicato a Emma tutto l’album perché lei ha senz’altro influenzato la musica».

Si sente.
«A guidarmi è stato il cuore. Quando ho queste forti emozioni, divento più lucida. E così lucida non sono stata mai».

Forse perché è diventata più rock.
«Il merito, o la colpa, è di Andrea Rigonat, il mio compagno e il padre di mia figlia. Io comunque volevo fare qualcosa di divertente che poi si potesse suonare dal vivo».

Però, cara Elisa, ci sono pezzi come «Lisert» che sono stati scritti da tanto tempo.
«Sì in effetti quello è un pezzo che avevo composto nel 1998. Il Lisert è la zona poco lontano da qui dove ho vissuto, vicinissima al mare. D’estate ci andavamo in motorino, qualcuno addirittura attaccava la sua bici e tutti insieme si arrivava alla spiaggia, che bei tempi».

Adesso è una popstar che canta addirittura un brano dei Tears for Fears, «Mad world».
«Mi è piaciuta molto la versione che ho ascoltato nella colonna sonora di Donnie Darko, favolosa. Per un bel po’ ho pensato che quella voce fosse la voce di Michael Stipe dei Rem. Invece erano i Tears for fears».

Ma non aveva annunciato di incidere un album tutto in italiano?
«In realtà sono rimasta inabissata nei testi. Non riuscivo ad andare avanti e, nel frattempo, il lavoro sul cd era così fluido ed entusiasmante. Così non sono andata avanti con i testi e li ho inseriti come mi sono venuti: un po’ in italiano e un po’ in inglese».

Difatti non c’è un filo conduttore.
«No, non è un album concept perché non è stato pensato in modo globale: ci sono i brani che mi sono piaciuti di più, punto e basta».

Però ecco i duetti. Il primo, che è anche quello che si sente in radio, è con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro.
«Lui è un vero animale musicale, ha il turbo. E poi ha quel timbro che mi serviva per completare Ti vorrei sollevare».

Invece in Forgivness c’è Antony, la voce strepitosa di Antony & The Johnsons.
«La sua voce ha una qualità sopra tutte le altre: è fuori dal tempo, completamente slegata dall’attualità e anche dal sesso. Non è né maschile né femminile, è pura e incontaminata e quindi classica, proprio come il brano».

Ma in realtà il suo disco è istintivo, altro che classico.
«Sì ho scelto i brani in modo istintivo, ho messo da parte la razionalità».

Difatti l’ha intitolato «Heart».
«Il cuore è l’istinto. Ed è lui che mi ha guidata».

Lo sa che queste sono frasi molto alternative rock?
«No, io rimango pop. Questa è definitivamente la mia cifra musicale».

Chissà dal vivo come sarà.
«Inizio il tour il 6 aprile a Conegliano Veneto. Starò in giro fino al 16 maggio, quando finirò a Milano».

Porterà la sua bambina in tournée?
«Certo che sì, ma prima devo trovare una tata».

La maternità sembra la nuova frontiera delle cantanti. Anche Giorgia è in attesa.
«E credo che la Pausini sia sulla buona strada. Quando si ha un figlio, credetemi, cambia tutto anche se si fa musica».

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