Evidentemente ci sono nell’aria questioni molto più pesanti, ma non è nemmeno il caso di liquidare questa tra le semplici amenità. Siamo sempre nel campo minato dei gesti simbolici: in sé magari non inauditi, ma quanto a significato e a impatto molto più efficaci di tanti solenni discorsi. Può Guglielmo Epifani, leader della Cgil, cioè del sindacato attualmente più radicale e più intransigente, permettersi il lusso - e stavolta non è solo un modo di dire - del soggiorno negli alberghi frequentati solitamente da sceicchi, mogli di Beckham e popstar?
Nell’impeto ideale del 25 Aprile, la notizia è passata tranquillamente sotto silenzio. Ma questo non significa che sia insulsa. In questo caso, il cliente dell’Hotel Pierre e dell’Hotel de la Ville, dimore di lusso e di charme nel centro chic di Milano, non è un uomo d’affari texano o un magnate russo del petrolio: è l’ultima icona di una certa ribellione ideologica, al limite della lotta di classe, che proprio in questo periodo dà sfogo al malcontento e alla rabbia dei ceti più poveri, contro i privilegi e gli agi dei ricchi.
Tanto per essere chiari fino in fondo: Epifani non ha ucciso nessuno. Non è il caso di farne uno scandalo epocale, come qualche veterobacchettone di estrema destra ancora fa al personaggio di sinistra che veste bene o mangia salmone. Certi schemi sono superati. Il cachemire di Bertinotti ci ha abituati ad abbattere certe barriere e certi schematismi da dopoguerra. Che il compagno non debba più mangiare pane e cipolle l’hanno ormai compreso e accettato quasi tutti. Ma è altrettanto chiaro che il caso-Epifani va un po’ oltre. Epifani raggiunge il palco del 25 Aprile e legge un discorso scritto sulla carta intestata del superalbergo extralusso, con un firmamento di stelle a documentare l’esclusività del luogo. Come simbolo, suona eclatante. La polemica politica è fatta anche di queste cose. Ogni gesto ha un significato. Le alte personalità lo sanno, e di conseguenza si adeguano. Non è un caso che in pieno cataclisma finanziario persino il bel mondo dei vip abbia subito cercato di dare meno nell’occhio, abbassando i toni, abolendo le esibizioni di lusso, esibendo se mai smaccati segni di sobrietà e di ravvedimento, come il riciclo di vecchi indumenti o l’abolizione delle feste più sfacciate. Chiara ipocrisia, ovviamente. Ma sufficiente per dimostrare come in certi luoghi e in certi periodi i segni contino più di tante analisi cosmiche.
Nulla vieta a Guglielmo Epifani di pagare 1.100 euro per dormire due notti in albergo. Se è contenta la Cgil di conservarlo così bene, liberissima di pagargli il meglio. Ma purtroppo Epifani non è solo un privato cittadino che può fare tranquillamente quello che gli pare e piace. Per sua scelta, da tempo è un’altra cosa. È il moralista e il moralizzatore della società italiana, paladino di tutti i derelitti, fustigatore di tutti i privilegiati. Il sindacalista da 550 euro a notte è lo stesso, se non ha un sosia, che soltanto tre settimane prima, dal palco del Circo Massimo, scatenava la platea con la pretesa di «estendere una moralità forte contro la piaga dei super-stipendi e dei super-bonus». Sempre lui è l’implacabile Robin Hood che applaude la decisione inglese di alzare le tasse ai ricchi, chiedendo a gran voce la stessa cosa in Italia. È lo spietato contabile che dimostra, cifre alla mano, come un nostro manager guadagni duemila volte più di un precario.
Inutile specificarlo: fa benissimo il suo mestiere. Rinchiuso nella riserva indiana dell’ultimo sindacato che non scende a patti con il nemico, dice esattamente quanto i suoi seguaci vogliono sentirsi dire. Però, dannazione, deve pur saperlo che i leader-simbolo non possono permettersi sbavature. Più o meno, la gente li vuole perfetti. Per questo, non per altro, il suo 25 aprile risulta imbarazzante. Alla guida del sindacato più esasperato, nel pieno di una crisi epocale - che come dice lui stesso «si sta mangiando salari e pensioni» -, mentre casualmente una zona del Paese si arrangia e batte i denti sotto le tende, in tutto questo sceglie di preparare il 25 aprile negli alberghi delle dive e dei magnati. A 550 euro per notte. Scrivendo il discorso cattivista su carta pregiata del quattro stelle superior. Difficile credere che Epifani possa infliggersi un simile autogol di immagine e di sostanza. Eppure l’autogol c’è.
Suona persino superfluo aggiungere che nessuno si sognerebbe mai di chiedergli pernottamenti in tende canadesi o in qualche sordido motel. Sarebbe demagogia stupida, tale e quale la demagogia di chi vorrebbe che il Papa circolasse in un sacco di iuta. Ma ci si capisce: tra la tenda canadese e i cinque stelle ci sono ottime soluzioni di mezzo.
Già sembra di sentire le reazioni: questo è un vile attacco, come si fa a scendere fino a simili bassezze, fanno le pulci a Epifani sui conti dell’albergo perché non hanno più argomenti validi. E va bene, è proprio così. Meschinità per meschinità, converrà però ricordare che comunque gli esempi dei capi contano sempre, più delle piattaforme e delle linee guida. E converrà quantificare pure che 1.100 euro restano comunque molto più dell’assegno mensile di cassa integrazione, attualmente unica fonte di sostentamento per molte famiglie operaie italiane, o del salario medio di un precario. Così, tanto per il gusto della precisione.
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