Erdogan, col suo tentativo di sedurre le masse con il miraggio di un miracolo economico, deve fare i conti invece con una dura realtà, ben lontana dalle promesse fatte al suo popolo.
Il presidente turco ha cercato in ogni modo di sotterrare il problema economico incombente sul paese, spostando l’attenzione dell’opinione pubblica su altri canali: dapprima la questione legata alla gestione dei flussi migratori, poi l’intervento militare in Siria ed infine la denuncia di un complotto internazionale in atto per destabilizzare la lira turca, con la richiesta ai cittadini di “convertire gli euro ed i dollari in lire” così da salvare la moneta dalla crisi.
La crescita economica tanto decantata (+ 7,4% nell’ultimo anno) non poggia su basi solide e i problemi reali del paese riemergono con forza, impossibili ormai da celare al paese.
Ecco perché Erdogan si è affrettato ad indire, con anticipo di oltre un anno, le elezioni (previste per il 24 giugno), accorpando le presidenziali alle legislative, convinto di poter facilmente esser riconfermato al potere; non solo, perché la sua mira principale sarebbe quella di trasformare il paese in una Repubblica Presidenziale tramite il referendum e dunque di rafforzare ulteriormente la sua leadership.
Tutto questo prima che la situazione degenerasse irrimediabilmente, ma sembra ormai troppo tardi.
Come racconta infatti Roberto Bongiorni sul Sole 24 Ore, la lira turca continua a precipitare (- 19% nell’ultimo mese per un complessivo – 37% dall’inizio dell’anno) e quando mercoledì ha toccato il minimo storico nei confronti del dollaro la Banca Centrale è stata costretta ad alzare i tassi di 300 punti base al 16,5%.
Durissimo colpo per il presidente turco, che ora si trova nudo e scoperto anche dinanzi ai suoi oppositori alle elezioni: difficilmente pronosticabile appare infatti una sua vittoria al primo turno, nonostante che rimanga il candidato da battere.
Dopo aver cercato di trasformare la Turchia in una potenza economica con una politica “populista” fatta di prestiti statali agevolati e incentivi, con le grandi opere infrastrutturali pubbliche ad offrire importanti opportunità alle imprese, il presidente si trova un conto amaro da pagare: il deficit è salito ad oltre 50 miliardi e l’inflazione è volata all’11%.
Le prime vittime di questa grave instabilità monetaria saranno probabilmente proprio le imprese turche, vero pilastro dell’economia: chi tra di esse ha contratto debiti in valuta estera avrà di certo una grande difficoltà a rifondarli.
Altro effetto della crisi della lira turca sarà di conseguenza la corsa alla valuta straniera, che già da diversi mesi è insufficiente; si aggiunga a questo dato anche la crescente disoccupazione, ed il quadro è così completo.Sarà dura per Erdogan uscire da solo dalla crisi incombente e neppure i più rosei risultati delle elezioni potrebbero esser determinanti in tal senso.
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