Cipro, causa contro l'Europa per il prelievo forzoso nei conti

I correntisti portano in tribunale Eurogruppo e Bce, responsabili delle misure decise a Bruxelles per risanare le banche dell'isola

Cipro, causa contro l'Europa per il prelievo forzoso nei conti

E adesso cosa potrebbe accadere se i cittadini vedessero riconosciute le proprie ragioni nel primo caso continentale di una class action contro la troika? Ben cinquanta depositanti ciprioti hanno citato in giudizio l'Eurogruppo e le altre istituzioni dell'Unione Europea (come la Banca Centrale Europea) per l'haircut sui loro depositi. Era il marzo dell'anno appena concluso e la troika, al fine di concedere prestiti per dieci miliardi di euro alle banche isolane «intossicate» da titoli greci e da una voragine finanziaria che fece nascere la prima bad bank «made in memorandum», decise che anche gli istituti (quindi i correntisti) avrebbero dovuto recitare la propria parte, con un prelievo forzoso sui depositi. Come una tela di Penelope prima si ipotizzò che fosse per tutti, poi solo per i conti sopra i centomila euro.

Infine si giunse due mesi dopo all'accordo per una sforbiciata del 47,5% ad appannaggio di quei creditori non garantiti. Una primizia choccante per l'Europa (anche se un precedente si era verificato in Italia sotto il governo Amato), un monito scoccato da Bruxelles per tutti gli Stati membri: attenti, era la vulgata di quelle ore, a chi non fa i compiti a casa potrebbe toccare la stessa sorte.

Nel mezzo i cittadini ciprioti, in quei giorni terremotati da bancomat fuori servizio, lunghe code agli sportelli, con un limite alla circolazione di contante e con la scena da spy story di un cargo giunto all'aeroporto di Larnaca pieno zeppo di contanti, scortato da militari armati fino ai denti sino ai caveau delle banche. Oggi la notizia della class action, presentata dallo studio legale Christostomides con l'appoggio di altri legali europei. Vale la pena ricordare che questa è la prima volta che qualcuno si rivolge ad un tribunale europeo per stabilire se le operazioni dell'Eurogruppo siano corrette o meno, con un gigantesco punto interrogativo circa la futura decisione dei giudici. In particolare, i ricorrenti chiedono il risarcimento principalmente per gli effetti negativi causati dalla decisione dell'Eurogruppo, del marzo 2013, che includeva le misure di risanamento per la Banca Popolare e la Banca di Cipro.

Tutti gli imputati sono accusati di gravi violazioni del diritto di proprietà e dei principi generali della protezione della non discriminazione del legittimo affidamento e di proporzionalità sanciti nel diritto europeo. Insomma, una pietra miliare in questa eurocrisi.

Quali scenari si aprirebbero se ai cittadini fosse riconosciuta la ragione? Ancora oggi la troika a Cipro annuncia un programma per rinfoltire la fiducia nel sistema bancario, quello stesso che è stato ignorato per due lustri e che un bel giorno è finito nel mirino degli euro burocrati. Nel frattempo proprio i creditori internazionali di Fmi, Bce e Ue proseguono sulla traccia «ellenica» a Cipro, con un programma di privatizzazioni dal sapore di una svendita. Cipro riveste, oggi più che mai, un ruolo geopolitico significativo nel versante euromediterraneo e mediorientale per via della presenza massiccia di idrocarburi nel proprio sottosuolo, particolare che non ha mai sopito le mire espansionistiche turche. Oltre ai 50mila militari di Ankara che dal 1974 hanno invaso l'isola nell'indifferenza della comunità internazionale, da alcuni mesi ci pensano anche le navi per i rilievi sottomarini turche ad agitare le tranquille acque in cui Nicosia aveva raggiunto un accordo di collaborazione con Tel Aviv per sondare i fondali e procedere alle trivellazioni, con l'intervento anche di aziende italiane, minacciate dalle parole di alcuni ministri turchi.

Ma dallo scorso marzo, quando di fatto nel continente è stato inaugurato il famigerato «metodo Cipro», le cose sono sensibilmente cambiate e in questi giorni di forti fibrillazioni ad Istanbul qualcuno vede anche un possibile peggioramento. Un altro elemento di raffronto con la crisi greca merita di essere scrupolosamente attenzionato. Al 31 dicembre 2010, quando Atene era già stata investita dall'ondata del primo memorandum che destinava risorse per l'80% alle banche e per il restante 20 alle amministrazioni locali, dei 141 miliardi in titoli greci che solo dodici mesi prima le banche straniere possedevano, si era passati a soli 45 miliardi. E grazie al protocollo d'intesa imposto dalla troika al governo del tecnico Lucas Papademos (lo stesso chiamato due mesi fa a valutare la nostra Banca d'Italia) ben 100 miliardi erano stati destinati dal Memorandum per risarcire gli istituti stranieri.

Un trucco di proporzioni terrificanti che salvò le banche europee attraverso una vera e propria ipoteca della Grecia intera. Oggi un simile scenario è messo in dubbio da cinquanta correntisti ciprioti che si chiedono se ci sia un giudice a Bruxelles.

twitter@FDepalo

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