È tutto manovrato?

L'Ucraina è sull'orlo della guerra civile. Ma dietro le sommosse si allunga l'ombra di una nuova Guerra Fredda

È tutto manovrato?

Questo articolo si avvale di contributi multimediali: le parti in blu fanno riferimento a foto, video, audio inediti

L’Ucraina è sull’orlo della guerra civile. Il tentativo guidato dalle falangi dell’opposizione extraparlamentare come Pravi Sektor (Ala destra) e Spilna Prava (Causa comune) di raggiungere martedì il parlamento di Kiev per picchettarlo è subito sfociato in scontro aperto con la polizia. I manifestanti hanno tirato fuori le pistole, che raramente mostravano in piazza Maidan ed i poliziotti hanno risposto al fuoco. Il risultato, per ora, è di 25 morti, compresi 9 agenti ed un giornalista filogovernativo oltre a centinaia di feriti. L’eco delle violenze nella capitale ha subito raggiunto l’ovest del paese anti russo dove i ribelli sono tornati ad occupare gli edifici pubblici in 4 città. A cominciare da Leopoli, la “capitale” dell’Ucraina occidentale. I filo Maidan, la piazza simbolo della rivolta a Kiev, hanno assaltato anche la sede dei servizi segreti ed una caserma delle truppe speciali del ministero dell’Interno. Alessandro Gardini, un italiano che lavora in Ucraina e si trova a Leopoli, conferma che i ribelli “hanno preso tutte le armi della fureria e si sono diretti con degli autobus verso Kiev”.
Dall’est del paese, tradizionalmente filo russo, sono partiti gli anti Maidan, che in maniera dispregiativa vengono chiamati “titushki” per raggiungere la capitale. Già ieri i miliziani filo governativi avevano partecipato agli scontri sanguinosi di Kiev.
Il presidente in carica Viktor Yanukovich ha mobilitato i Berkut (aquile) i corpi speciali della polizia e sigillato la capitale e l’accesso a piazza Maidan con posti di blocco e blindati sulla cintura esterna. L’esercito con molti generali dell’ovest è in stato di allerta, ma con i soldati confinati nelle caserme.
Come si è arrivati a questo punto dopo tre mesi di proteste, all’inizio pacifiche, nel centro di Kiev? La deriva Ucraina è solo l’ultima battaglia della nuova guerra fredda fra Mosca e Washington, che nelle settimane precedenti si è combattuta in maniera segreta e con colpi ad effetto. Il risultato è il sangue che sta scorrendo nella capitale, mentre gli scontri potrebbero espandersi a macchia d’olio spaccando in due il paese.
Per capire i tasselli della “guerra segreta” bisogna chiedersi, come fa anche il settimanale Panorama in edicola, “cosa ci fa Open dialog, la stessa Ong del caso Shalabayeva che ha messo in difficoltà il governo italiano lo scorso anno, in mezzo ai rivoluzionari di piazza Maidan?” . Nel palazzo dei sindacati, in questo ore in fiamme, che era stato occupato dia miliziani ultra nazionalisti del partito Svoboda (Libertà), Open dialog aveva addirittura un manifesto poi fatto sparire. Sul sito dell’organizzazione non governativa con sede a Varsavia “si reclutano “volontari per Kiev in appoggio alla protesta” con esperienze come fotografi, giornalisti, ma pure “nel pronto soccorso”.
Open dialog, che fa parte della costellazione di associazioni in difesa dei diritti umani sponsorizzata dal miliardario George Soros, non è l’unica Ong schierata con i ribelli a Maidan. Per l’occasione sono ricomparsi anche i veterani di Otpor fondata con soldi americani, che nel 2001 a Belgrado ha giocato un ruolo di primo piano nell’assalto al parlamento e la caduta dello zar serbo Slobodan Milosevic.
A Maidan negli ultimi giorni si è presentato anche l’intellettuale francese Bernard Henry Lévi facendosi rigorosamente fotografare in mezzo ad innocenti babucke, le casalinghe ucraine, come se la protesta fosse solo innocente e pacifica. Lo stesso Lévi che ha fomentato i ribelli libici contro Gheddafi ed inneggiato, almeno all’inizio, alle primavere arabe. Non a caso i manifestanti anti Maidan innalzavano dei cartelli con scritto “Yugoslavia, Lybia, Tunisia….. Ukraine is next (la prossima)?”.
L’Fsb, il servizio segreto russo, ha assestato un colpo sotto la cintura intercettando e postando su You tube l’imbarazzante telefonata fra Victoria Nuland, assistente del segretario di Stato per gli Affari europei e l’ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt. Alla cornetta la diplomatica non dice solo la famosa frase “la Ue si fotta”, ma detta disposizioni sul futuro governo dell’opposizione.

Come se gli oppositori fossero pedine da manovrare in un Grande gioco anti russo boccia l’ipotesi di Vitali Klitschko nell’esecutivo. L’ex pugile, che ha vissuto in Germania ed il suo partito, Udar, è sostenuto ufficialmente dalla Cdu, il movimento politico del cancelliere tedesco Angela Merkel. Nuland prima di mandare la Ue a farsi fottere racconta di come ha convinto l’Onu ad assumere un ruolo nella crisi ucraina considerando il segretario generale Ban Ki moon più utile ai piani americani rispetto ai mollaccioni di Bruxelles. In queste ore, però, è la Ue a minacciare sanzioni contro Yanukovich ed i suoi uomini.
Il ruolo non solo diplomatico dell’ambasciata americana a Kiev si era già notato con la pubblicazione sul proprio sito della foto di Dmytro Bulatov, noto militante di Maidan, con il volto tumefatto, per rilanciare lo sdegno. Ancora oggi non sono stati chiariti tutti gli aspetti del suo rapimento e delle torture che ha subito.
Non solo: in dicembre l’ambasciatore Pyatt aveva convocato Rinat Akhmetov, il più potente oligarca ucraino facendogli balenare l’ipotesi che i suoi importanti asset finanziari in giro per il mondo potevano finire nel mirino degli Usa. Dopo l’incontro Akmteov ha preso le distanze dal presidente Yanukovich, che aveva sempre appoggiato, invitandolo al dialogo con i manifestanti di Maidan.
Bazzecole se fosse comprovata la veridicità di un filmato girato dai servizi ucraini o russi all’aeroporto di Kiev ed andato in onda sul primo canale della Tv di Mosca. Le immagini mostrano dei sacchi color amaranto scaricati da un jet bianco senza insegne, che grazie all’immunità diplomatica non passano la dogana. Una macchina blindata carica i sacchi e si nota la targa di un’altra vettura del corteo, 002, che corrisponde all’ambasciata Usa a Kiev. Nel servizio sulla tv russa si sostiene che i sacchi contenevano 17 milioni di dollari per alimentare la rivolta di Maidan.


In dicembre gli ambasciatori a Kiev sono stati convocati al ministero degli Esteri per una nota informativa. Alla riunione un funzionario dell’Svb, il locale controspionaggio, ha annunciato l’arresto “di un cittadino americano”, che sotto le tende dei paramilitari di Maidan faceva vedere i video degli scontri del Cairo durante la primavera araba per mostrare come reagire alla polizia.
La prima a chiedere sanzioni Ue contro il regime di Kiev è stata Varsavia sponsor dei ribelli. Nell’establishment americano è molto forte la lobby polacca a cominciare da Zbigniew Brzezinski, che in tempi non sospetti scriveva: “Gli Stati che meritano il più forte sostegno americano sono l’Azerbaijan, l’Uzbekistan e l’Ucraina, in quanto pilastri geopolitici. Anzi è l’Ucraina lo stato essenziale, che influirà sull’evoluzione futura della Russia”.
Negli Stati Uniti esiste dal 1894 l’Associazione nazionale ucraina (Una), che durante la guerra fredda propagandava l’indipendenza del paese. Compreso il Canada conta oltre 50mila membri e gode di un patrimonio di 170 milioni di dollari di pensioni e assicurazioni. Dagli ucraini a stelle e strisce stanno arrivando soldi e aiuti per la rivolta.
I russi non sono da meno nella guerra segreta a Kiev e parlano senza peli sulla lingua. Secondo il ministro degli Esteri Sergej Lavrov per l'Ucraina sull'orlo della guerra civile «la responsabilità è dell’Occidente che ha aizzato e incoraggiato i ribelli». Mosca ha parlato con esagerazione “di tentato colpo di stato”, ma a Washignton sono convinti che la nuova guerra fredda posso diventare calda. Lo scrive Stephen Blank, esperto di Russia, all’American foreign policy council sostenendo che il ponte fatto costruire su un territorio conteso attorno allo stretto di Kerch sul mare di Azov, al confine russo-ucraino, “sia l’eccellente autostrada per un’invasione”.

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