Egitto, al ballottaggio dopo il colpo di stato Verso la guerra civile?

Dopo lo scioglimento del Parlamento l'Egitto passa dalla contro rivoluzione aperta alla guerra civile come sta succedendo in Siria?

Egitto, al ballottaggio dopo il colpo di stato Verso la guerra civile?

Una settimana fa, cercando di prevedere quale presidente dell'Egitto sarebbe uscito dalla elezione di ballottaggio - il candidato dei Fratelli musulmani Morsi o quello del sistema di Mubarak, Shafik - dicevamo che più della personalità del vincitore avrebbe contato la decisione delle due sole forze organizzate nel paese (Fratelli e i generali) di raggiungere un accordo o andare allo scontro. Ieri la risposta e arrivata dalla Corte suprema egiziana (dopo tutto le apparenze della legalità debbono essere rispettate) con una decisione che di fatto é un colpo di stato: scioglimento del parlamento dominato per il 74% dai partiti musulmani; nuove elezioni per indebolirli; eliminazione della legge che impediva a ex gerarchi di Mubarak di essere eletti (legittimando la candidatura alla presidenza di Ahmed Shafik, generale d'aviazione, ultimo primo ministro di Mubarak). Se vincerà sarà la prova che i militari hanno scelto la strada dello scontro.

Esso avverrà certo nelle strade del Cairo e all'interno della Commissione di 100 membri (in maggioranza uomini del vecchio regime) incaricata di scrivere la nuova costituzione. L'Egitto passa cosi dalla contro rivoluzione aperta alla guerra civile come sta succedendo in Siria? La rivolta e la contro rivolta finiscono abbastanza presto rinforzando spesso la nazione. Le guerre civili (vedi quella americana, spagnola e algerina) spaccano la nazione e lo stato con vittime superiori a quelle provocate dalle rivoluzioni stesse. Non credo tuttavia che il colpo di stato organizzato dai militari in Egitto porterà come in Algeria ad una guerra civile per quattro ragioni: la nazione egiziana é più etnicamente e storicamente solida di quella algerina; l'opposizione "laica" rumorosa, colta ma disunita; due gruppi della popolazione - minoranza copta cristiana e donne emancipate - hanno più paura degli islamici che dei militari; il bisogno di far fronte alla crisi economica e allo stato di insicurezza personale provocato dalla rivoluzione é superiore all'odio per il vecchio regime. I militari hanno dalla loro parte un largo anche se differente sostegno popolare, uno sterminato funzionariato, una classe media e imprenditoriale più largo di quanto possono far credere le manifestazioni di piazza Tahrir.

Tutt'altra é la situazione in Siria. Qui la guerra civile é già cominciata fra un regime autoritario ma legato ad una minoranza non superiore al 12% della popolazione - la minoranza alawita - eretica dal punto di vista dell'Islam, sparsa su tutto il paese ma con in mano le leve del potere finanziario e militare. L'opposizione da mesi esalta le sue azioni militari (chiedendo a gran voce l'intervento straniero) ma non é riuscita a consolidarsi. Solo 5 o 6 battaglioni dell'esercito sono passati dalla sua parte con un solo generale (che se ne sta in Turchia) mentre sinora non si registrano defezioni nello stato maggiore, nelle forze di sicurezza e sopratutto fra i diplomatici che se si trovano all'estero e che sono tradizionalmente i primi a scappare con la cassa. Inoltre attorno alla Siria c'é uno schieramento di forze internazionali che ricorda quello della guerra civile in Spagna. Russia, Cina e Iran sostengono il regime di Assad; America, Europa, Qatar, Turchia e Arabia saudita sostengono più a parole che a fatti l' opposizione. La caduta del regime provocherebbe - come si é visto a Houla la settimana scorsa - una lotta letteralmente a coltelli fra membri di differenti gruppi etnici e religiosi. I cristiani - altro 10% della popolazione, temono un regime musulmano "ortodosso" dei Fratelli musulmani non meno degli Alawiti. Per cui la guerra civile c'é mentre la rivolta araba in Siria non c'é mai veramente stata. In tutto cio isrraele che ha condannato gli eccidi è riservato in quanto le parti, tanto il regime di assad quanto l'opposizione ad esso, gli sono nemici. Prendendo posizione per l'uno o per l'altro, non farebbe che offrire ai contendenti un'arma un motivo per denunciarsi ulteriormente.

Colpisce il silenzio del mondo arabo di fronte a tanta violenza come il cinismo delle sinistre occidentali che di fronte ai massacri di "fratelli arabi" in Iraq, Yemen e Sudan si agitano meno che di fronte al muro di separazione fra Israele e Palestina.

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