Ambasciatore Usa ucciso in Libia: "Attacco organizzato da al Qaeda"

Il consolato di Bengasi preso d'assalto da alcuni musulmani infuriati per il film prodotto da un gruppo di copti residenti negli Stati Uniti e che ha sollevato proteste anche in Egitto e Afghanistan. Ma secondo siti qaidisti, la morte dell’ambasciatore è "una reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi", numero 2 di Al Qaida, arrivata ieri da al Zawahiri. Obama rafforza la sicurezza nelle sedi diplomatiche: "Profondamente addolorato dalla morte di Stevens, atto scellerato". Clinton: "La violenza scuota le coscienze del mondo intero". Gli Usa starebbero pensando di inviare marines specializzati nella lotta al terrorismo

Ambasciatore Usa ucciso in Libia: "Attacco organizzato da al Qaeda"

Un film considerato blasfemo e offensivo contro l'Islam ha scatenato l'inferno in Libia. Un folto gruppo di persone ha messo a ferro e fuoco il consolato americano a Bengasi. Testimoni hanno riferito che uomini armati hanno esploso spari in aria, bruciando gran parte dell'edificio.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata probabilmente la pellicola prodotta da un gruppo di copti residenti negli Stati Uniti. Un trailer del film è stato pubblicato su Youtube. Tuttavia, secondo quanto diffuso dai siti, l'attacco è "una reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi", numero 2 di Al Qaida, arrivata ieri da Ayman al Zawahiri. Anche secondo alcune fonti usa dietro ci sarebbero i terroristi e le proteste contro il film sarebbero solo un "diversivo". L’amministrazione Obama non si sbilancia e parla di "un attacco chiaramente complesso".

Nell'attacco al consolato Usa, sono morti l’ambasciatore americano Chris Stevens e tre funzionari della sede diplomatica. Secondo le prime informazioni, l’ambasciatore degli Stati Uniti sarebbe morto intossicato a seguito dell’inalazione dei fumi provocati dall’incendio divampato al consolato dopo l’attacco di questa notte. L’ambasciatore americano era arrivato in città per raccogliere gli umori alla vigilia della nomina, prevista oggi, del nuovo premier libico. Due dei funzionari sarebbero invece stati uccisi durante una sparatoria avvenuta in una casa considerata sicura dove era stato trasferito lo staff del consolato dopo l’assalto.

L’ambasciata statunitense in Libia ha deciso di avviare le procedure di evacuazione del suo consolato a Bengasi e di trasferire via aerea a Tripoli i 35 funzionari che vi lavorano, oltre ai cadaveri delle quattro vittime. All’ambasciata resterà solo una unità di emergenza. Nella giornata di ieri, si era levata un'altra protesta contro il film, questa volta al Cairo dove alcuni manifestanti sono riusciti a tirare giù la bandiera a stelle e strisce dall'ambasciata americana e a sostituirla con un vessillo inneggiante ad Allah. Proteste anche in Afghanistan, dove il governo ha denunciato il film e ha promesso di impedirne la diffusione: "Dichiariamo la nostra aberrazione per un simile insulto". I talebani afghani hanno anche invitato i propri militanti a "vendicarsi" sui soldati americani.

La pellicola incriminata ha come protagonista il profeta Maometto (per i musulmani è vietato ritrarre o disegnare il profeta), il quale viene descritto come un truffatore, un dongiovanni e viene ritratto mentre fa sesso e istiga al massacro. Intanto, il regista israeliano autore del film si è nascosto in un luogo segreto. Parlando al telefono con l’agenzia Associated Press da una località sconosciuta, il regista Sam Bacile ha ripetuto che "l’Islam è un cancro" e che il suo film è una provocazione politica di condanna alla religione musulmana. Gli Usa hanno chiesto ora anche al pastore Jones (famoso per aver bruciato copie del Corano) di ritirare il suo appoggio al film.

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, confermando la notizia della morte dell'ambasciatore e di altri tre americani, si è detto profondamente addolorato e ha definito l'attacco un "atto scellerato". "Condanno con forza i vergognosi attacchi alla nostra missione diplomatica a Bengasi che sono costati la vita a quattro americani, incluso l’ambasciatore Chris Stevens. In questo momento, coloro che abbiamo perduto e le loro famiglie sono nei pensieri e nelle preghiere del popolo americano, erano l’esempio dell’impegno dell’America per la libertà, la giustizia e l’amicizia con i popoli e le nazioni nel mondo, in forte contrasto con coloro che li hanno uccisi brutalmente". Gli Stati Uniti, ha aggiunto Obama, "respingono ogni sforzo per denigrare le credenze religiose degli altri, ma dobbiamo opporci in modo inequivoco alla violenza priva di senso che ha distrutto le vite di questi pubblici ufficiali". In una conferenza stampa indetta alla Casa Bianca, il presidente Usa ha ribadito: "Non c’è giustificazione a questo tipo di violenza senza senso. Credetemi, sarà fatta giustizia". I rapporti tra i due Paesi, però, non subiranno rotture, secondo Obama.

"Questa violenza senza senso dovrebbe scuotere le coscienze dei popoli di tutte le fedi religiose in tutto il mondo", ha detto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, secondo cui l’attacco "è opera di un piccolo gruppo, non del governo libico". Anche per questo il capo della diplomazia statunitense ha assicurato che il Paese "non tornerà indietro" negli aiuti alla nuova Libia. Gli Stati uniti sarebbero comunque di inviare in Libia circa 200 marines specializzati nella lotta al terrorismo e alcuni droni.

Solidarietà espressa dal presidente del Consiglio italiano, Mario Monti: "Condanniamo con la massima fermezza questo efferato gesto che non siamo in grado al momento di attribuire a un particolare filone. Rimarremo a fianco delle autorità della nuova Libia democratica che non lesineranno gli sforzi per impedire che il nuovo corso libico sia preso in ostaggio".

Condanna anche da Giorgio Napolitano che bolla la vicenda come un "vile atto terroristico, che merita la più ferma esecrazione, colpisce l’impegno degli Usa e degli altri Paesi della comunità internazionale, ad iniziare dall’Italia, per sostenere la ricostruzione della Libia e la sua transizione democratica".

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