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Miliziani armati di kalashnikov e il teschio come ciondolo al collo, famiglie con il figlio in passeggino, veterani della seconda guerra mondiale in uniforme e sfilza di medaglie sul petto, tutti assieme a fare la coda per votare nell’ex casa della Cultura di Slaviansk adibita a seggio. Nel fortino filorusso circondato dall’esercito ucraino, dove si è combattuto fino alle prime ore di domenica mattina, i separatisti hanno aperto le urne del referendum per l’indipendenza di una bella fetta dell’Ucraina orientale. Il Donbass, decotto polmone metallurgico e minerario del Paese, al confine con la Russia, è andato a votare e ha scelto di voltare le spalle a Kiev con l’89%, secondo fonti filo-russe da prendere con le pinze, contro poco più del 10% fedele all’Ucraina unita. L’affluenza a Lugansk sarebbe dell’80% e del 74,8% a Donetsk, le due «capitali» dello strappo che guarda a Mosca. Stella Korosheva, la portavoce dei filorussi di Slaviansk, vive il suo giorno del destino: «Oggi ogni cittadino è un miliziano. La nostra pistola è la penna per mettere una croce sul sì alla nuova repubblica».
Svetlana, una babuchka di mezza età, pazientemente in fila con il marito per ritirare la scheda elettorale ha le idee chiare: «Votare è l’unico sistema per farci ascoltare da Kiev. Se lo faranno garantendo un’ampia autonomia ed il federalismo sarà un bene - spiega la signora con i capelli a caschetto - . Altrimenti ci penserà il presidente russo Putin a difenderci ». Al seggio numero 200 arrivano anche i miliziani in mimetica dalla prima linea, alcuni con i mefisto calati sul volto. «Voglio far sentire la mia voce con il voto, ma devo combattere per difendere questa città dove vivo con i figli e la moglie. Se entrano le truppe di Kiev sarà una strage» spiega un miliziano con gli occhiali neri e il ciondolo di un teschio appeso al collo. Da poche ore Viaceslav Ponomariov, autoproclamato sindaco di Slaviansk, ha annunciato che «i provocatori non verranno più fatti prigionieri, ma giustiziati sul posto». Il posto di blocco delle truppe ucraine all’ingresso della città assediata di 130mila anime è più blando del solito, come se i soldati non volessero intromettersi nel referendum. Situazione opposta nella vicina repubblica di Lugansk, che pure vota per l’«autogoverno ». Una colonna di blindati ucraini appoggiata da due elicotteri sarebbe intervenuta in diversi villaggi per bloccare i seggi e far saltare il referendum. L’arteria principale dal fronte nord è costellata di posti di blocco con pesanti barricate dei miliziani filorussi armati. A Donetsk, la città più grande, il voto si è svolto senza incidenti. «Ho scelto l’indipendenza della mia piccola patria, il Donbass, per fermare l’ultranazionalismo di Kiev» spiega Oleg Ivanovic, che parla italiano.
La nostra lingua l’ha «ereditata» dal padre, che durante la seconda guerra mondiale lavorava per un’officina della Fiat a Donetsk, allora Stalino. «La guerra civile non la temo. So che potrà essere terribile, ma vinceremo» è convinto il filorusso. Per lui la «grande patria, in cui sono nato, era l’Unione Sovietica. Per questo la Russia ci proteggerà ». Nonostante il referendum prevedasolo l’autogoverno, molti votanti già guardano a Mosca sull’onda dell’annessione della Crimea. «Sono una mamma single e ho paura per quello che sta accadendo. Solo Putin può salvarci» sostiene Natasha ad un seggio ricavato in una scuola di Donetsk. Il governo di Kiev ha bollato il voto come «una farsa criminale» e nessun Paese occidentale riconoscerà il referendum. La Cnn denuncia brogli con elettori che hanno votato due volte e liste degli aventi diritto datate. Una fetta del Donbass non è andata alle urne, a cominciare da chi si schiera con l’Ucraina unita. «Qualcuno vuole combattere, ma molti hanno paura. È come vivere sotto un’occupazione banditesca. Noi il referendum l’abbiamo boicottato » spiega Ghennadi, che ci chiede di non scrivere il cognome. L’incontro avviene in un parco attraverso una sostenitrice del partito Patria, di Yulia Timoshenko, candidata alle presidenziali.
I governativi si sono riuniti nelle «Forze patriottiche del Donbass» che operano in semiclandestinità. Il referendum, di veramente trasparente, ha solo le urne dove si ammassano le schede, che gli elettori in molti casi neppure piegano. Facile dare un’occhiata per rendersi conto che sono tutti sì all’indipendenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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