Il rapimento di altre 60 donne e di 31 ragazzi nel Nord della Nigeria finisce per diventare la notizia di secondo piano a fronte del braccio di ferro politico che si sta consumando ormai da alcuni mesi dalle parti di Abuja. Il governo del presidente, cattolico, Goodluck Jonathan rassicura i nigeriani spiegando di avere importanti strumenti a disposizione per debellare la piaga di Boko Haram e liberare gli ormai quasi 300 ostaggi nelle mani degli jihadisti (ieri sette ragazze sono riuscite a fuggire), ma l'opposizione, guidata dall'ex presidente, il musulmano Olusegun Obasanjo, mette a nudo i limiti di un esecutivo che non sarebbe riuscito al momento a ottenere neppure il tanto pubblicizzato sostegno delle truppe Usa.
In Nigeria si respira aria di campagna elettorale. Jonathan si ricandiderà nella primavera del 2015 e vorrebbe attribuirsi tutti i meriti possibili. Anche se Obasanjo, sponsor di Atiku Abubakar, l'avversario dell'attuale presidente, sembra possedere maggiori chance per aprire una vera e propria trattativa con i terroristi. Tanto per cominciare le studentesse rapite a Chibok sarebbero state localizzate, si troverebbero a Diffa, in Niger, a pochi passi dal confine con la Nigeria. Lo rivela proprio Obasanjo, raccontando di aver avuto un colloquio con persone vicine agli jihadisti nel tentativo di mediare per il loro rilascio. La riunione sarebbe avvenuta nei giorni scorsi nella villa di Atiku Abubakar, nel sud del Paese, alla presenza di alcuni parenti delle vittime e di esponenti del gruppo terroristico. Diffa, 52mila abitanti, è da decenni lo snodo privilegiato di tutte le attività commerciali più o meno lecite dal cuore dell'Africa verso il Maghreb.
Tre settimane fa sono state arrestate dalla polizia locale 15 persone sospettate di appartenere a Boko Haram. Alcuni di loro, messi alle strette, avrebbero indicato il covo della cellula nigerina e il luogo di prigionia. La notizia è stata confermata da Obasanjo in persona, presidente nigeriano fino al 2007, che vanta questo «canale privilegiato» con alcuni leader della jihad nera. Dalla capitale Abuja fanno però notare che l'ex presidente non ha alcun potere governativo e che non gli è stata conferita l'autorità per confrontarsi con Boko Haram. «Il governo farà tutto il possibile per riportare a casa le giovani, e anche per liberare i nuovi rapiti, ma non tratterà con i terroristi e soprattutto non affiderà alcun mandato a persone estranee all'esecutivo», commenta il ministro degli Esteri Henry Ajumogobia.
Il gruppo estremista continua a portare avanti la sua offensiva e il governo, alle prese anche con l'inopportuna campagna elettorale, fatica ad arginare i numerosi attentati. Di sicuro il nuovo rapimento di quasi cento persone (ci sarebbero anche alcuni bambini) dimostra la debolezza dell'esecutivo e l'atteggiamento spavaldo di Boko Haram. Il blitz si è verificato sabato scorso nel villaggio di Kummabza, a 150 chilometri dalla capitale dello Stato del Borno, Maidaguri. Oltre ai rapiti si segnalano almeno una trentina di morti. Domenica l'aviazione ha bombardato alcune postazioni jihadiste e il Camerun ha mobilitato 2mila uomini per contrastare le infiltrazioni dei guerriglieri islamici dalla Nigeria.
Boko Haram si espande, rapisce e detta legge persino in quelle cose che potrebbero apparire banali, come il calcio, sostenendo che «il pallone è uno degli strumenti attraverso cui l'occidente tenta di corrompere le giovani leve votate alla guerra santa». Per queste ragioni si stanno registrando attentati ed esplosioni nei locali pubblici che trasmettono le partite della nazionale ai mondiali in Brasile.
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