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L'India vuole impiccare i marò

Indiscrezioni di stampa (non smentite): sarà applicata la legge che prevede un'unica pena: quella capitale

L'India vuole impiccare i marò

Il ministero dell'Interno indiano ha dato il via libera all'applicazione della famigerata legge anti pirateria contro i marò, che prevede la pena capitale. Non ci sono ancora conferme ufficiali, ma la notizia è stata resa nota dal Times of India, uno dei giornali indiani più attendibili.
Una minaccia gravissima, che già la scorsa settimana aveva convinto l'Italia a presentare una petizione alla Corte suprema per sventarla. Se verrà confermata l'applicazione della legge («Sua Act») con la pena di morte sarà l'ennesimo oltraggio politico al nostro Paese dettato da ragioni di politica interna indiana in vista delle elezioni nazionali di primavera. Non a caso la richiesta di affidare le indagini su Massimiliano Latorre e Salvatore Girone alla Nia, la polizia antiterrorismo, che vuole applicare la legge del patibolo, era arrivata dal Bjp, il partito nazionalista indù favorito nei sondaggi.
Ieri presso la Corte suprema, l'accusa ha ammesso che ci sono divergenze all'interno del governo, fra Esteri ed Interni, su quale legge applicare nel caso dei marò. La Corte ha dato tempo fino al 3 febbraio per dirimere il caso e «dare una risposta coerente» formulando le imputazioni definitive. Poche ore dopo è arrivata la notizia del via libera della legge che prevede la pena di morte. In realtà la fonte della Nia aveva rivelato venerdì sera al Times of India il via libera del ministero dell'Interno, ma si attendevano le mosse della Corte suprema.
«Per noi il “Sua Act”è una linea rossa inaccettabile» ripete Staffan De Mistura, inviato speciale del governo italiano. Alla stessa Corte suprema verrà chiesto di pronunciarsi per fermare la minaccia. Se non bastasse contro il «Sua Act» il governo sarebbe finalmente pronto a non riconoscere la giurisdizione indiana chiedendo l'arbitrato internazionale. Altre ritorsioni sono in cantiere come il blocco del negoziato di libero scambio fra Ue e India.
Un'altra possibilità è che le indagini passino dalla Nia, di fatto obbligata ad applicare il «Sua Act», alla polizia Cbi, che invece utilizza il codice penale indiano con una gamma di pene al di sotto di quella capitale, in caso di omicidio.
«Staremo a vedere cosa succede, ma per il governo la data che rappresenta un solco è quella del 15 febbraio, quando i marò saranno trattenuti in India da due anni» spiega De Mistura al Giornale. Non si sbilancia su cosa bolle in pentola, ma l'impressione è che in assenza di svolte positive la fallimentare linea morbida, che ci ha portato in un pantano giudiziario, verrà abbandonata. Da Bruxelles, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha ribadito che «indubbiamente, se a due anni dai fatti, non si è neppure in grado di stabilire un capo di accusa, risulta evidente che si tratta di una violazione di qualunque idea di giustizia adeguata».
Al momento, però, il pericolo concreto, mille volte ufficialmente smentito, è l'applicazione della legge che prevede il patibolo. Il «Sua Act» è inequivocabile su un punto cruciale: chi in mare «causa la morte a qualsiasi persona deve essere punito con la morte». Se viene provata la colpevolezza non c'è l'alternativa dell'ergastolo o altre pene. Non solo: i marò rischiano anche la libertà provvisoria su cauzione. E la legge anti pirateria ribalta l'onere della prova sull'imputato, ovvero i fucilieri di Marina.


Domenica dovrebbe partire per l'India una delegazione parlamentare per far visita a Latorre e Girone. Si spera che a Delhi incontrino pure i deputati indiani. E magari potrebbero cercare di far cambiare idea all'opposizione nazionalista, che vuole la testa dei marò.

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