"Noi cristiani di Maloula cacciati dai ribelli: volevano convertirci"

I racconti terrorizzati degli abitanti dello storico villaggio: "Erano jihadisti ceceni, minacciavano di ucciderci tutti"

Un miliziano del Libero esercito siriano
Un miliziano del Libero esercito siriano

Maloula è ottocento metri davanti a noi. Uno scrigno di case e chiese incastonate nella roccia, scolpite nel fondo della gola. Una replica mediorientale dei sassi di Matera. Un fossile urbano dove fino a giovedì mattina riecheggiava l'aramaico, la lingua di Gesù. Ma per la prima volta in tremila anni Maloula ha perduto voce e abitanti. Loro, i cristiani di Maloula, sono fuggiti nella notte tra giovedì e venerdì inseguiti dai colpi di mortaio dei miliziani al qaidisti di Jabat Al Nusra. I ribelli sono lassù asserragliati nell'hotel e nel monastero di San Sergio e Bacco costruiti sulla rocca sopra Maloula. Sono lì da mesi, ma fino a mercoledì le sorti di Maloula non sembravano a rischio. All'improvviso, tutto è cambiato.

«Sono entrati gridando Allah Akhbar e sparando con fucili e mitragliatrici. I ceceni minacciavano di ucciderci tutti se non ci convertivamo. Di colpo ci siamo ritrovati prigionieri di guerra e paura. Qualche ora dopo se ne sono andati, ma giovedì notte hanno tirato sulle nostre case con i mortai» racconta Rita Azar. È appena fuggita. Come le altre anime perdute del villaggio attende qui nella strada principale di Ain Attinye. Quel che poteva tirarsi dietro l'ha caricato sulla macchina dove i suoi due bimbi e l'anziana madre si fanno spazio tra bagagli, stoviglie, vestiti incastrati alla meglio. «La mia povera Maloula, sta male, molto male, più male del mio corpo» si lamenta Josephine Illal, l'anziana madre di Rita mostrando la gamba ferita.

«Ma quali ribelli, quelli sono assassini» ribatte Naj Muk, un altro settantenne rimasto soltanto con il proprio bastone e un sacchetto di plastica in cui ha buttato il poco cibo rimasto nel frigo senza più elettricità. «Mesi fa, quando hanno occupato l'hotel sulla rocca che domina la città tra di loro c'era anche qualche figlio dei musulmani che abitava la parte nuova all'inizio del villaggio. Stavolta ho visto solo ceceni, pakistani, arabi, gente di tutti i colori e di tutte le razze. Che Dio li maledica, io scappo a Damasco».

A raccontarti la vera storia dell'attacco a Maloula ci pensa, in cambio dell'anonimato, un commerciante dell'antico villaggio aramaico cristiano. «Quella dietro è la valle della Bekaa libanese. Da lì i musulmani di casa nostra contrabbandavano prima in hashish e poi armi. Quando l'esercito ha cercato di bloccarli i loro figli si sono trasformati in combattenti per la libertà e sono fuggiti a Iabroud, un villaggio a dieci chilometri da qui controllato dagli integralisti. Lì per sopravvivere i cristiani pagano la “jizzhia”, la tassa per la protezione degli infedeli come ai tempi del califfato. Poi Iabroud è diventata la roccaforte di Al Qaida, i musulmani di casa nostra hanno fatto il grande salto e hanno occupato con i loro amici pakistani, ceceni, egiziani e libici l'hotel e il monastero di Sergio e Bacco sopra Maloula. Noi avevamo chiesto all'esercito di non entrare nel villaggio e ci eravamo impegnati a mantenere buone relazioni anche con quei pazzi, ma con loro gli accordi non valgono.

Mercoledì pur di entrare a Maloula hanno mandato un kamikaze giordano a farsi saltare con un'auto bomba al posto di blocco. La vera ragione per cui hanno ucciso quei 18 soldati e hanno terrorizzato tutti noi è che dovevano far scappare le loro famiglie. Se andate nella parte nuova, quella musulmana, non troverete un'anima. Eppure mercoledì erano ancora tutti lì. Tenendo in ostaggio noi hanno permesso ai loro familiari di raggiungerli a Iabroud o scappare in Giordania».

Il giochino rischia ora di costar caro ai miliziani jihadisti. Venerdì l'esercito ha rotto gli indugi ordinando la riconquista di Maloula e l'eliminazione del nido al qaidista sopra il villaggio. Mentre scriviamo a Maloula si combatte e sulla rocca cadono i colpi dei carri armati dell'esercito.

Ma Nashi Wahba, sindaco di Maalula e i suoi concittadini cristiani non si fanno illusioni. «Magari questa settimana l'esercito vince e libera le nostre case, ma la prossima Obama potrebbe regalare la vittoria definitiva ai terroristi».

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