Due bambine coraggio. Due destini segnati dalla violenza e che diventano simbolo dell'odio integralista ma anche della ribellione. Dopo il caso di Malala, la ragazza pachistana di 15 anni, sopravvissuta lo scorso ottobre all'attacco dei talebani che le hanno sparato alla testa per il solo fatto che andasse a scuola, la storia di un'altra ragazza pachistana fa il giro del mondo. Fouzia - questo il nome della giovane, anche lei 15 anni, residente del villaggio di Roday, nei pressi di Kasur nel Punjab - è stata sequestrata, violentata e torturata da due influenti musulmani per il solo fatto di essere cristiana. Fouzia proviene da una famiglia poverissima e lavora come operaia agricola. È il 25 gennaio quando si imbatte nei suoi aguzzini.
Armati di pistola, Sher Maometto e Shabir Ali, influenti personaggi del territorio, la rapiscono, l'imprigionano in una stanza, la violentano e la torturano ripetutamente. Priva di conoscenza, Fouzia viene lasciata per strada. Tornata a casa, racconta tutto alla famiglia. Il padre decide allora di denunciare le violenze, ma le forze dell'ordine non vogliono neanche ascoltarlo. Viene allora coinvolta l'Ong Lead (Legal Evangelical Association Development), che si dedica alla promozione sociale dei cristiani in Pakistan. Quattro giorni dopo viene presentata una denuncia ufficiale contro gli stupratori, malgrado le minacce alla famiglia.
Un atto di coraggio che fa il paio con la storia di Malala, diventata sorda dopo l'attacco dei talebani e operata con successo al cranio a Birmingham.
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