Il peggior presidente Usa? Obama. Il migliore è Reagan

Per gli statunitensi il migliore è Reagan

Il peggior presidente Usa? Obama. Il migliore è Reagan

Obama è il peggior presidente degli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra mondiale ad oggi; lo dicono gli americani interpellati in una ricerca dell’università di Quinnipiac (Connecticut), specializzata in sondaggi; con buona pace dei cantori dell’obamismo ideologico, il primo presidente nero, Nobel per la pace sulla fiducia, speranza dei popoli oppressi, dei diseredati e dei radical chic di tutto il mondo, è ultimo nella classifica che attraversa 69 anni di storia americana e ben 12 presidenti.

Obama riesce persino ad essere più impopolare di George Bush, che nel 2006 guidava la classifica dei peggiori, e di Richard Nixon, il presidente travolto dallo scandalo Watergate; con la differenza che Bush e Nixon furono, durante i loro mandati, osteggiati violentemente da media e intellettuali mentre Obama ha sempre goduto di un atteggiamento di genuflessa adorazione da parte di coloro che creano opinione pubblica. Come a dire: non riesce a vincere nemmeno con gli arbitri a favore. Ma la cosa più sorprendente, quella che dovrebbe far saltare sulla sedia i guru della sinistra liberal, è che, secondo lo stesso sondaggio, il miglior presidente americano della storia recente è Ronald Reagan, che surclassa persino il mitico J.F. Kennedy ed Eisenhower, l’eroe della vittoria nella Seconda Guerra mondiale. Già nel 2006 Reagan guidava la classifica dei migliori, ma a otto anni di distanza il suo prestigio è aumentato dal 28 al 35%.

Il migliore dopo Ronald Reagan è considerato Bill Clinton (con la metà degli apprezzamenti), il presidente travolto dallo scandalo Lewinsky; a dimostrazione che alla gente, in fondo, le morbosità sessuali sui cui magistrati, giornalisti e moralisti costruiscono le loro carriere, interessano poco. Inoltre il dato spiega perché l’ipotesi della moglie Hillary prossima candidata alla Casa Bianca non sia del tutto campata in aria, potendo contare su un chiaro effetto popolarità del cognome. Su Obama il giudizio è netto anche se con qualche riserva: l’attuale inquilino della Casa Bianca, è considerato un politico onesto dal 48% degli americani, uno che cerca di occuparsi dei problemi della gente (51%), ma senza avere doti di leader (51%). In pratica, tanta buona volontà ma scarse capacità.

Fallimentare in economia (lo disapprova il 55%) e in politica estera (57%); fallimentare nel suo fiore all’occhiello, la sbandierata riforma sanitaria (Obamacare) osteggiata dal 58% degli americani. L’unico ambito su cui Obama viene “rimandato a settembre” è l’ambiente dove il 50% approva le sue politiche.

Ma ciò che inizia a preoccupare la Casa Bianca ed il Partito Democratico è che la maggiorparte degli americani (48% contro 35%) pensa che se nel 2012 avesse vinto il rivale di Obama, il conservatore Mitt Romney, l’America starebbe meglio.

Questo dato imbarazzante per Obama, conferma però un’opinione già diffusa: nel 2013, un sondaggio condotto dal Washington Post e da Abc, dimostrava che a un anno dalla sua rielezione, gli americani rimpiangevano di averlo votato e si pentivano di non aver votato Romney. In quel sondaggio, in appena 12 mesi, Obama aveva perduto forti consensi proprio tra i segmenti sociali che lo avevano fatto vincere: donne, giovani (18-39 anni), cittadini non laureati, redditi inferiori ai 50.000 dollari l’anno, atei ed elettori storici di sinistra (tra questi ultimi addirittura il 20% avrebbe rivotato per la destra).

Il rimpianto e il pentimento non sono categorie della politica ma condizionano le scelte future.

Di questo sono preoccupati gli strateghi del Partito Democratico: il famoso “effetto Obama” con cui la sinistra americana ed europea pensava di cambiare la storia, ora rischia di essere il classico boomerang alle prossime presidenziali. Una lezione anche per quelli che in Italia oggi si credono imbattibili.

Twitter: @GiampaoloRossi

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