Putin adesso ci ripensa. "Ucraina, facciamo pace"

Dopo una giornata di tensioni il Cremlino accetta il cessate il fuoco proposto da Kiev. Ma la Casa Bianca accusa: "La Russia sta schierando forze al confine"

Putin adesso ci ripensa. "Ucraina, facciamo pace"

Kiev - Colpo di scena nella crisi ucraina: il presidente russo, Vladimir Putin, appoggia il cessate il fuoco dichiarato da Kiev. Ed invita tutte e due le parti, compresi i separatisti filo russi, a porre fine ai combattimenti. Un gesto distensivo deciso poche ore dopo aver ordinato a 65mila soldati russi lo stato di massima allerta. Bastone e carota utilizzati dal nuovo Zar dopo i pressanti inviti della cancelliera tedesca Angela Merkel.

La tregua era stata annunciata venerdì dal presidente ucraino Petro Poroshenko e resterà in vigore fino al 27 giugno. Il Cremlino, però, nello stesso comunicato distensivo ha ricordato al governo di Kiev che il piano di pace non avrà successo «senza azioni pratiche» per intavolare negoziati seri. Mosca chiede agli ucraini trattative dirette e credibili con i separatisti dell'Ucraina orientale.

Alle 11 di ieri, il ministro della Difesa russo, Sergey Shoigu, dopo la luce verde del Cremlino, ha posto «in stato di massima allerta il distretto militare centrale», più di un terzo del paese, con le truppe «pronte al combattimento». Le grandi manovre andranno avanti fino al 28 giugno, il giorno dopo lo scadere della tregua unilaterale di una settimana proclamata da Kiev. Ufficialmente si tratta di un'esercitazione in grande stile, ma in realtà il Cremlino vuole mostrare i muscoli per chiarire che non abbandonerà al loro destino i ribelli filo russi nell'Ucraina orientale. Oltre a 65mila soldati, il Cremlino ha mobilitato 5.500 mezzi militari, 180 aeroplani e 60 elicotteri secondo il capo di stato maggiore Valery Gerasimov. L'esercitazione riguarda un territorio immenso che va dal fiume Volga fino alla Siberia attraversando gli Urali. Le forze aeree dispiegheranno le squadriglie negli scali avanzati anche in direzione dell'Ucraina e dell'Occidente. Una dimostrazione di forza rivolta non solo a Kiev, ma alla Nato che appoggia il governo ucraino e sta organizzando a sua volta esercitazioni con i paesi alleati sempre più vicine alla Russia.

Se la tregua fallisse alcuni analisti americani sono convinti che Mosca si prepari ad intervenire nell'est dell'Ucraina in difesa della popolazione filo russa salvando da una disfatta i separatisti.

I russi potrebbero essere in grado di colpire con forze missilistiche, aeree, droni e artiglieria anche senza muoversi dal confine. Il nome in codice dell'operazione sarebbe «tempesta» o «barriera di fuoco». Gli ucraini sanno bene che non riuscirebbero a resistere nell'Est. La prima linea difensiva è sul fiume Dneper nel centro del paese. La città di Dnipropetrovsk è stata scelta dagli ultranazionalisti di Pravi sektor, come la Stalingrado ucraina dove resistere fino alla morte.

Prima della svolta con l'annuncio del Cremlino in appoggio al cessate il fuoco, la dimostrazione di forza russa è proseguita ieri con un mandato di cattura internazionale contro il ministro dell'Interno ucraino, Arsen Avakov ed il governatore di Dnipropetrovsk, Igor Kolomojski. L'accusa è di aver utilizzato «metodi illegali» per contrastare i separatisti russi ed aver ucciso dei civili. A sua volta il dipartimento del Tesoro americano ha inserito nella lista nera sette leader separatisti filo russi in Ucraina. Un alto funzionario dell'amministrazione Usa ha rivelato al Washington Post, che forze speciali di Mosca stanno armando e addestrando le milizie separatiste. Secondo la Casa Bianca Putin sta comunque «schierando forze russe al confine».

Sul terreno i combattimenti sono continuati, nonostante la tregua annunciata da Kiev. Oltre ottanta guardie di frontiera ucraine hanno trovato rifugio in territorio russo nella notte di venerdì.

Poche ore dopo l'annuncio del cessate il fuoco i separatisti avevano preso d'assalto la loro caserma al posto di confine di Izvarino. E Miroslav Rudenko, dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, ha garantito: «Nessuno deporrà le armi».
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