Lo sconcerto dei generali: «Leoni guidati da agnelli»

«Pronto generale?». Dall'altra parte della linea c'è un attimo di silenzio. Poi l'alto ufficiale in servizio sbotta: «Non più. Dopo quello che è accaduto ieri con i marò mi sento come se fossi stato degradato e radiato dalle forze armate. Non ho parole». Il triste sfogo di un alto ufficiale, che ne ha viste tante, sul rientro in India di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ordinato dal governo, è solo la punta di un iceberg.
La rabbia nelle forze armate sta esplodendo. La rappresentanza dei marinai in armi esprime «lo sconcerto e il disorientamento del personale della Marina di ogni grado e ruolo in merito al destino di Latorre e Girone che stanno rientrando in India». Secondo il Cocer Marina «alla fermezza di un Paese straniero le nostre massime istituzioni non hanno saputo reagire con la stessa fermezza e determinazione».
Le reazioni dei militari in servizio sono pesanti. Sui social network un giovane ufficiale di Marina si chiede: «Qualcuno aveva detto "sciogliamo il fiocco giallo"?». Il simbolo di solidarietà lanciato dai marinai, che è stato riposto dopo l'11 marzo, quando il governo aveva deciso di non rimandare in India i due marò. La prima risposta di un altro ufficiale è lapidaria: «È ancora un altro 8 settembre» in riferimento al 1943 quando abbiamo cambiato fronte.
Nel tam tam dei marinai la frase più gettonata è ripresa da un famoso film: «Non ho mai visto tali leoni guidati da simili agnelli». Lo stesso ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di stato maggiore della Marina, ha appreso la notizia dell'inversione ad U governativa dalle agenzie. «È incazzato nero» sostiene chi l'ha incontrato.
L'ammiraglio Giuseppe Lertora, che non è più in servizio, ma ha avuto al suo comando Latorre e Girone rivela che allo «scalo negli Emirati arabi, prima di volare a Delhi, i fucilieri erano demoralizzati e amareggiati. Avrebbero non voluto partire, ma diciamo che li hanno “spintaneamente” convinti». Secondo Lertora è «una Caporetto che si poteva benissimo evitare».
Chi ha combattuto in Afghanistan parla con disgusto di «decisioni prese da pagliacci». Un altro veterano si chiede: «Andiamo in prima linea e questo è il ringraziamento?». Un ufficiale superiore tocca il tasto più delicato: «Il sentore generale è che il destino dei due marò domani può capitare a ciascuno di noi che porta le stellette. Il governo con l'avallo del Parlamento ci manda in Afghanistan, in Mali o chissà dove in futuro. Se succede qualcosa, come nel caso di Latorre e Girone, lo stato non mi tutela, come altre nazioni. Nel giro di dieci giorni hanno preso, sulla pelle dei marò, due decisioni una contraria dell'altra». Molti militari sentono sul collo le preoccupazioni delle famiglie: «Come possiamo partire tranquilli? Con il timore dei nostri cari che in caso di incidente verremo giudicati non in Italia, ma in un altro paese?».
Le voci fuori dal coro sono poche. Un alto ufficiale della Marina spiega al Giornale che «rimandando Latorre e Girone in India si è scelto il male minore». L'ex capo di stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, ribadisce: «Bisognava mantenere la parola invece che decidere di tenerli in Italia creando vane illusioni e speranze, poi tradite in maniera plateale».


Il più lapidario ed efficace è l'ex generale Mario Arpino: «Siamo di fronte ad una vergogna totale ed un danno enorme per tutto il sistema militare. Ci dicono che rimandiamo in India i fucilieri di Marina perché gli indiani hanno dato garanzie che non li condanneranno a morte. Non occorre: li abbiamo già fuciliati noi».
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