Eucom chiede una zona militare di Schengen in Europa

“Una zona militare di Schengen sarebbe un chiaro messaggio per l’aggressore”. Il ruolo della Germania ed i dogmi della Nato

Eucom chiede una zona militare di Schengen in Europa

Una zona di transito militare libera modellata sulla Convenzione di Schengen del 1996 che consente l'apertura delle frontiere tra i paesi firmatari. E’ questa l’idea avanzata dal comandante dell’esercito americano in Europa, il generale Ben Hodges, a margine dell’esercitazione Saber Guardian che si è svolta in Romania, Bulgaria ed Ungheria e che ha coinvolto 25.000 soldati provenienti da 30 nazioni partner ed alleate.

“L’obiettivo è consentire alla forza militare di muoversi liberamente nel teatro europeo. Oltre a migliorare la consapevolezza nel riconoscere una crisi emergente e nell’incrementare l’aspetto decisionale su come fronteggiarla, la velocità di reazione resta fondamentale. Le manovre appena concluse hanno sottolineato i problemi con la libertà di movimento delle forze alleate provenienti da tutta Europa alla regione del Mar Nero. Più di ogni altra cosa abbiamo bisogno di una zona militare di Schengen che permetterebbe ad un convoglio militare di muoversi liberamente in tutta Europa. Adesso non è così”.

La Convenzione di Schengen definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione nell’Unione Europea. In base alla cooperazione rafforzata dei 26 paesi firmatari, gli europei possono viaggiare senza un passaporto, grazie all’apertura delle frontiere.

Secondo il comandante di Eucom, “una zona militare di Schengen darebbe ai leader politici molta più flessibilità così da inviare in tempi brevi un chiaro messaggio all’aggressore”.

Dall'inizio delle implementazioni della brigata corazzate ed aerea in Europa, iniziate lo scorso gennaio, l'esercito statunitense ha compiuto progressi (le lacune tuttavia restano) sulle strutture viarie nei paesi vicini al confine russo. Tuttavia, Eucom lamenta flessibilità nello spostamento rapido delle truppe che, attualmente, deve rispondere a precisi requisiti legali che variano da stato a stato.

“Credo sia una cosa relativamente semplice da realizzare. Se la leadership europea capisse l’importanza, non dovrebbe essere così difficile istituire una zona militare di Schengen. Polonia, Lituania e Lettonia hanno già emanato leggi interne. Altri paesi sono ancora riluttanti. Quando i paesi parlano di soddisfare l'impegno della soglia del 2% del PIL per la difesa, mi aspetto che investano anche sulla rete viaria per spostare rapidamente le truppe in caso di crisi. Lamentiamo libertà di movimento sia dal punto di vista burocratico che infrastrutturale”.

Il Ministro della Difesa dei Paesi Bassi ha recentemente presentato una proposta all'interno dell'Unione europea per la creazione di una tale zona. Il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, supporta la zona militare di Schengen.

Il comandante di Eucom sul ruolo della Germania

“La Saber Guardian ha confermato i progressi nella logistica, necessaria per rispondere ad una minaccia militare, ma la Germania deve investire ulteriormente per migliorare l’intero sistema viario e nella difesa missilistica. Solo cosi potrà raggiungerà il suo obiettivo del 2%. In caso di crisi, proprio alla Germania spetterebbe un ruolo cruciale. Berlino ha dimostrato grande leadership in Europa e nel mondo, come nel tentativo di porre fine alla crisi in Ucraina orientale. Tuttavia, l’economia più potente d’Europa deve fare di più per rafforzare la sicurezza, soprattutto per la sua importanza come zona di transito. Non c'è abbastanza capacità ferroviaria per le forze americane, tedesche, polacche e britanniche o per la forza di risposta rapida della Nato”.

Secondo Hodges, Berlino potrebbe garantire il supporto ferroviario come parte del suo impegno per aumentare la spesa militare, attualmente all’1,2 per cento del prodotto interno lordo.

“Un ulteriore investimento della Germania nei missili a breve e lungo raggio potrebbe aiutare, considerando il ruolo cruciale che tutti gli hub di trasporto tedeschi ricoprirebbero in caso di conflitto. Una zona militare di Schengen consentirebbe alle forze militari di muoversi rapidamente dalla Germania alla Polonia, Lituania o Romania attraverso la Repubblica Ceca. Un conflitto è improbabile, ma i russi rispettano solo la forza e disprezzano la debolezza. Ammetto di essere stato ingenuo nell’aver creduto nell’immediata apertura delle frontiere per le truppe militare dei paesi Nato ed UE. Ma i ministeri della difesa non sono responsabili delle frontiere ed ogni volta sono necessarie autorizzazioni specifiche”.

Ritornare in Europa: le difficoltà logistiche

La brigata corazzata completa statunitense inviata in Europa lo scorso gennaio è un messaggio al mondo sulla capacità degli Stati Uniti di rafforzare celermente le linee del fronte. Tuttavia, le difficoltà logistiche incontrate nelle fasi iniziali sono state notevoli. Il Pentagono paga l’inesperienza del personale nel confrontarsi in un contesto che aveva quasi del tutto abbandonato dopo la fine della guerra fredda.

La versione M1A2 del principale carro armato degli Stati Uniti raggiunge un peso di 62 tonnellate. Peso che potrebbe aumentare in presenza di kit di sopravvivenza aggiuntivi. Le infrastrutture europee, la maggior parte di esse, non sono in grado di reggere tale peso limitando il transito in tratti ben identificati e noti, certamente anche ad una fazione ostile. E’ un problema che riguarda l’intero sistema viario europeo, con particolare riferimento ai collegamenti con i paesi della Nato che facevano parte dell’ex Unione Sovietica. Il Pentagono manca di informazioni sufficientemente dettagliate sulle infrastrutture nelle aree che un tempo facevano parte del blocco sovietico, ora nella Nato. Lo scorso gennaio, l’esercito statunitense mancava di punti di riferimento in Polonia, Romania, Ungheria e specialmente negli Stati Baltici. Paradossalmente, all'entrata nella Nato dei nuovi paesi membri, non è seguita alcuna rilevazione aggiornata della rete viaria per scopi militari. Dall’United States European Command rilevano la necessità di una maggiore copertura di intelligence per la speed of recognition delle truppe russe.

I 100 miliardi della Nato

Lo scorso febbraio, la Nato ha promesso 100 miliardi di dollari l’anno da investire nella spesa militare. Gli Stati Uniti li pretendono, pena un loro ridimensionamento nei confronti degli alleati che non investiranno il 2 per cento del loro prodotto interno lordo per la difesa. L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda. La Nato era un'alleanza con un unico scopo: proteggere l'Europa occidentale da una invasione sovietica. La struttura di base della Nato non è cambiata dal crollo dell'Unione Sovietica nel 1991. E' semplicemente cresciuta fino ad includere gli ex stati satelliti sovietici e gli Stati baltici. Il motivo dietro l'espansione era quello di inglobare questi paesi nel quadro del sistema di difesa occidentale, al fine di dare loro fiducia nella loro indipendenza, così da contribuire a sostenere lo sviluppo delle democrazie. La Germania ad esempio. Durante la guerra fredda aveva in servizio circa 2400 carri armati Leopard di tutte le versioni (oggi 225). Le divisioni pesanti tedesche erano specificatamente progettate per gli scontri nelle pianure della Germania settentrionale. Avrebbero dovuto, in caso di conflitto con Mosca, arginare l’avanzata dei corazzati dell’Unione Sovietica, in attesa dei rinforzi statunitensi. Poiché la componente principale della difesa in Europa si basava sulla pianificazione, durante la guerra fredda si svolgevano esercitazioni in grado di trasferire fino a cinquantamila soldati statunitensi attraverso l'Atlantico in pochissime ore (tralasciamo in questo frangente gli aspetti prettamente logistici come quelli viari nei paesi dell'ex Patto di Varsavia). Durante la guerra fredda, la tedesca Deutsche Bahn manteneva migliaia di vagoni ferroviari disponibili per il trasporto della potente Bundeswehr. Con il crollo dell’Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia incoraggiarono le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l'invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna divenne opzionale. L'Europa di oggi non sta lottando per riprendersi dalla seconda guerra mondiale, mentre le sue capacità militari complessive dovrebbero essere alla stregua degli Stati Uniti. L’area di responsabilità della Nato è principalmente focalizzata sull’Europa, ma non vi sono guerre (nel senso stretto del termine) in questa zona.

Dal 1985 al 1989, i membri europei dell’Alleanza investirono una media del 3,3 per cento del PIL per la Difesa. Dal 1990 al 1994 la spesa si ridusse al 2,7 per cento. Nel periodo tra il 1995 ed il 1999, la spesa scese al 2,2 %, fino ad arrivare all’1,9 % tra il 2000 ed il 2004. Entro il 2009, la media scese all’1,7 % per arrivare al punto basso dell’ 1,45 per cento nel 2015. L'intervento russo in Ucraina avrebbe dovuto innescare un’inversione di tendenza per la Nato, ma la costante preoccupazione espressa dai paesi membri dell’Alleanza non si è riflessa nella spesa per la Difesa.

I dogmi dei paesi della Nato

100 miliardi di dollari l’anno. E’ questa la portata dell’investimento se tutti i paesi della Nato (Stati Uniti esclusi ovviamente) raggiungessero il 2% del loro prodotto interno lordo per la difesa. Adesso tutti i leader dell’Alleanza dovranno raggiungere tale obiettivo. I livelli di spesa derivano direttamente dalle decisioni politiche e dal processo di traduzione degli ingressi fiscali nella spesa militare. Se si sommasse l’ipotetica soglia raggiunta con l’investimento degli Stati Uniti, pari a 251 miliardi di dollari, la Nato investirebbe nella spesa militare 365 miliardi di dollari. Conti alla mano, se Germania, Italia, Canada, Spagna e Paesi Bassi raggiungessero il 2 per cento del PIL per la difesa, la Nato toccherebbe un livello di spesa di 80 miliardi di dollari. Se Berlino si impegnasse ad investire il 2 per cento del PIL, aggiungerebbe 30 miliardi di dollari nella difesa europea, una larga fetta dell’obiettivo fissato. La Germania assegna solo l’1,2 per cento del PIL alla difesa e gran parte del suo bilancio è ripartito per il personale.

I più importanti e ricchi paesi della Nato sono troppo piccoli o economicamente deboli per avere un effetto sul saldo finale della difesa europea, mentre saranno proprio le scelte della Germania ad essere determinanti per capire la futura capacità dell'Allenza. L’Italia, nel 2016, ha investito nella spesa militare l’1,11% del PIL.

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