La Fincantieri vuole contribuire al progetto ma servono 15 milioni

«L’incrociatore Vittorio Veneto è la prima nave italiana che entrò nelle acque dell’ex Unione Sovietica, dopo il crollo del muro di Berlino. Nel 1990/91 ero comandante in seconda. Non dimenticherò l’emozione dell’arrivo a Sebastopoli con la nostra banda che suonava l’inno della marina russa e i brindisi con la vodka». L’ammiraglio Filippo Maria Foffi, che comanda la flotta Nato al largo dalla Libia, ricorda così la gloriosa nave della guerra fredda in disarmo a Taranto. Dal 2003 il Vittorio Veneto, che ha fatto la storia della nostra Marina militare, è in pensione, ma potrebbe rinascere come nave museo. Oggi a Trieste si terrà un seminario per rilanciare questa idea.
«Tutti i paesi civili, con tradizioni marinare, hanno conservato una nave museo. Salviamo il Vittorio Veneto non solo per farne il primo luogo espositivo sul mare, ma anche per creare iniziative collaterali come una scuola per il recupero dei ragazzi disadattati» spiega a Il Giornale, Claudio Franconi. Assieme agli altri fondatori dell’Associazione incrociatore Vittorio Veneto ha tutto pronto per trasformare il glorioso incrociatore in museo. Lunga 179 metri e larga 20, l’ex ammiraglia della Marina, tornerebbe a vivere con un percorso interattivo e multimediale che ricrea le missioni della guerra fredda. A bordo il visitatore assisterebbe a un briefing, come ai tempi in cui l’incrociatore solcava le onde tallonato dai sommergibili sovietici. Nell’hangar una scocca di elicottero e un simulatore di volo servirebbero a vivere una missione «reale». Per non parlare dell’accesso alle torrette dei cannoni contraerei, come se la visita fosse un’avventura.
Gli ampi spazi della nave in disarmo permetteranno di organizzare corsi, dalla vela alla patente nautica, organizzare feste e ricevimenti o esporre mostre. «Abbiamo pensato anche a una centrale elettrica ad energia alternativa da ricavare nella sala macchine - spiega Franconi -. Per alimentare il museo e autofinanziarci vendendo la corrente in eccesso».
La Fincantieri è disponibile a dare un mano, ma per la prima nave museo italiana bisogna trovare 15 milioni di euro. «La bandiera di guerra del Vittorio Veneto è stata consegnata proprio a Trieste - sottolinea Franconi -. Mio nonno è morto sul Carso, come tanti altri, per il capoluogo giuliano caro alla patria. Speriamo di trovare attenzione al progetto dalle istituzioni del Friuli-Venezia Giulia».
A Trieste si parla da tempo di un parco del mare e della riqualificazione del Porto Vecchio, dove il Vittorio Veneto potrebbe venir rimorchiato da Taranto.

La città ha già un ideale percorso della memoria, con la Risiera di San Sabba, unico lager nazista in Italia e la foiba di Basovizza. Il prossimo anno sarà pronta la nuova sede del museo della Guerra e della pace. La seconda vita del Vittorio Veneto potrebbe essere un fiore all’occhiello e un’attrazione turistica.
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