Che fine ha fatto Amauri? Dove sono finiti i celebranti, da Abete a Lippi, che lo volevano a tutti i costi in nazionale? Quanto vale oggi il brasiliano costato alla Juventus ventidue milioni e ottocentomila euro? Perché non è oggetto di trattative? Perché non è inseguito dai grandi club? Che cosa è diventato questo attaccante che Guidolin aveva definito il Drogba del nostro campionato?
Tipica storia di football, da fenomeni a brocchi nel giro di un’estate, cambio di maglia e di opinioni, rendimento alterno, infortuni, litigi, pentimenti. Amauri si ritrova estraneo in una squadra che lo aveva cercato, voluto, preso. Amauri è la terza scelta di Delneri che ha puntato su Iaquinta (un altro guaio fisico dopo la pausa, una abitudine strana che si ripete puntualmente per il calabrese) e su Quagliarella, con l’alternativa di Del Piero. Amauri non è più il punto di riferimento del gioco bianconero e non rientra nemmeno nei piani futuri di Cesare Prandelli in azzurro.
Il suo caso non è un mistero, non è nemmeno un giallo, è la conferma che il calcio nostrano costruisce l’idolo e lo manda in frantumi, si esalta per un calciatore normale spacciandolo per fuoriclasse (Cassano e Balotelli, tanto per dire) e lo ridimensiona dopo un paio di partite sbilenche. Due anni fa, era il giorno trentuno del mese di gennaio del duemila e nove, il selezionatore della nazionale brasiliana, Dunga, decise di convocare Amauri per l’amichevole tra Brasile e Italia in programma a febbraio nello stadio londinese dell’Arsenal (Emirates).
L’infortunio di Luis Fabiano aveva suggerito all’allenatore la scelta dell’attaccante bianconero. La Juventus si oppose, negò l’autorizzazione adducendo ragioni regolamentari, secondo il club torinese erano scaduti i termini previsti; in verità Blanc, allora amministratore delegato e direttore generale, non aveva deciso nulla, Cobolli Gigli, presidente ancora per qualche mese prima di essere sollevato con raffinato stile sabaudo dall’incarico, non aveva voce in questione, ma era stato Lippi, la cui influenza a Torino era fortissima se non decisiva (si pensi soltanto agli acquisti di Grosso e di Cannavaro), a fare intendere ai dirigenti juventini che Amauri sarebbe stato convocato in azzurro e che l’obiettivo sarebbero stati i mondiali in Germania, una volta sbrigate alcune faccende burocratiche.
In quel periodo Amauri non aveva ancora ottenuto il passaporto italiano, la pratica, nonostante le “accelerazioni” della nostra federazione alla ricerca affannosa di un attaccante di qualità(!?), non aveva però permesso a Lippi di aggregare, in tempo utile, Amauri al gruppo azzurro in Sudafrica. Gli infortuni, la confusione tecnica juventina, il cambio di allenatori, hanno completato la trasformazione dell’attaccante che nell’anno solare duemila e dieci ha realizzato un solo gol in campionato. Oggi Amauri, che compirà trentuno anni a giugno, non viene considerato come un punto fermo del progetto (non si sa bene che cosa significhi il sostantivo comunque offerto in propaganda ai tifosi) juventino, tanto che il club è alla ricerca di un nuovo attaccante, considerato il nuovo serio infortunio al ginocchio che ha bloccato il brasiliano, dal diciotto novembre scorso.
In due anni la valutazione di Amauri è crollata, dai ventidue milioni e ottocento mila euro a meno di dieci milioni ma che ha un costo lordo per la Juventus di oltre otto milioni di euro. Una cifra pesante, un contratto oneroso la cui responsabilità va attribuita a chi occupa ancora un posto importante nella gestione amministrativa della società.
Ma questo è un argomento che a Torino, a differenza di calciopoli affrontato in esclusiva da Andrea Agnelli nel silenzio assoluto della proprietà, non può nemmeno essere sfiorato. Per la cronaca Amauri ieri è tornato al gol. A Vinovo, contro il Lucento. Buon anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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