Formigoni: "In atto una macchinazione, chi è fuorilegge è la sinistra"

Il governatore: «Manipolati i nostri elenchi. E 448 schede presentate da Penati sono irregolari». Oggi si riunisce il Tar

Formigoni: "In atto una macchinazione, chi è fuorilegge è la sinistra"

Milano - «Il listino di Filippo Penati non può essere ammesso, perché non ha abbastanza firme». L’escluso Roberto Formigoni passa al contrattacco e, dopo le prime verifiche, denuncia autografi mancanti e timbri quadrati nelle liste elettorali del suo avversario del Pd per la guida della Lombardia. Chi lo conosce dice che «Roberto quando è all’angolo dà il meglio di sé». Sarà per questo che il governatore lombardo, con uno scatto d’orgoglio, rifiuta il soccorso romano: «Noi qui siamo a posto da soli, più limpidi di acqua di fonte, risolveremo tutto». Per sicurezza, ha depositato al Tar anche un ricorso personale, come candidato presidente, con tanto di scritta “Formigoni” sul simbolo elettorale. Il suo legale, il costituzionalista Beniamino Caravita, prevede che già stamattina comincerà la discussione del caso al Tar. «L’udienza potrebbe essere risolutiva» si augura l’avvocato. Ieri mattina Formigoni ha rotto gli indugi e mandato i suoi a controllare firma per firma le liste degli avversari, a caccia di irregolarità. Alla fine di questa prima spulciatura è convinto di avere le prove che il contendente Filippo Penati meriti la squalifica, che il ricorso dei radicali sia illegittimo e soprattutto che all’ufficio elettorale della Corte d’Appello siano state commesse gravi irregolarità: «È in atto una macchinazione politica. Valutiamo denunce in Procura».
Nei giorni scorsi ha dichiarato di non vedere ancora manovre politiche. Adesso le ha avvistate?
«Oggi ho la dimostrazione che c’è stata una macchinazione a più soggetti per escludere in maniera fraudolenta, cioè con comportamenti illegittimi, il centrodestra dalla competizione lombarda. Lo abbiamo dimostrato in maniera inoppugnabile: hanno più volte violato la legge ai nostri danni e in maniera molto grave. Oggi dimostriamo ai nostri elettori che chi governa da quindici anni la Lombardia lo fa in maniera cristallina, rispettando la legge e che quindi i cittadini possono e devono avere fiducia in noi. Abbiamo rispettato la legge, la legalità e la trasparenza».
Lei ha detto che la lista Penati è irregolare. Chiede che non partecipi alle elezioni?
«È giusto che tutti partecipino alle elezioni, ci penseremo noi a batterli. A me preme sottolineare che le opposizioni di sinistra, che hanno berciato contro di noi, hanno dimostrato di aver usato metodi scorretti per raccogliere le firme e loro sono sotto soglia. Loro, queste opposizioni che hanno vomitato insulti contro di noi! Loro sì sono stati scorretti, mentre noi limpidi come acqua di fonte. Abbiamo esaminato un quarto delle schede e già così abbiamo trovato 448 irregolarità. E lo abbiamo fatto, come è giusto, avendo a fianco un rappresentante di lista di Penati, ciò che non è stato concesso a noi».
Ha annunciato una denuncia in Procura e parla di gravi irregolarità della Corte d’Appello.
«Ai radicali sono state consegnate le nostre liste e hanno potuto manipolarle, correggerle, spostare i documenti come volevano, perché non c’era nessuno di noi a controllarli. L’Ufficio centrale gli ha dato accesso alle nostre liste e al nostro listino, sono rimasti da soli per dodici ore, con in mano penne e borse. Potevano fare quello che volevano! Cinquantuno certificati elettorali, a una prima verifica segnati come presenze, dopo la visita dei radicali non c’erano più. Ma se c’erano all’inizio come facevano a non esserci più?».
Perché definisce irregolare il ricorso dei radicali?
«Il ricorso può essere presentato solo a difesa della propria lista, non per mettere in dubbio le liste altrui. È stata compiuta una prima illegittimità accettando il ricorso e una seconda dando le liste ai radicali senza avvisarci. Una terza irregolarità è stata il tornare a valutare le nostre liste, che in un primo momento avevano accettato e giudicato regolari, dopo che erano state tra le mani dei radicali».
Come si spiega queste irregolarità? Pensa a una macchinazione della magistratura amministrativa?
«Penso a una macchinazione, ma è l’ufficio centrale regionale della Corte d’Apello, non è la magistratura amministrativa. Per questo confido nelle decisioni del Tar».
Si parla di un provvedimento da parte del governo per rimettere le elezioni su un binario di certezza.
«Noi non ne abbiamo bisogno, perché abbiamo già ribaltato la situazione. Abbiamo dimostrato che chi governa la Lombardia agisce nel rispetto delle regole. Tuttavia se il presidente Napolitano e Berlusconi concordano un provvedimento, guarderemo con rispetto alle loro decisioni». 
Considerate le difficoltà della campagna elettorale, può essere opportuno un rinvio del voto?
«Il voto deve tenersi il 28 e il 29 marzo. Potrebbe essere opportuna una riapertura delle liste come accaduto nel 1995, proprio per salvare i radicali. Lo dico per salvare Penati. Noi non ne abbiamo bisogno perché siamo regolari».
Qualcuno ha parlato di osservatori Ocse alle elezioni regionali. Crede che sarebbero utili?
«Ma no, lasciamo perdere queste cose, non ce n’è bisogno».
In questi giorni si è assistito a un forte scambio di accuse all’interno del Pdl e tra il Pdl e la Lega. Un regolamento di conti per le tensioni sul listino?
«Ma no, non scambiamo la dichiarazione di un militante con i rapporti tra i partiti. Tra noi e la Lega c’è perfetta sintonia. Ieri mi sono visto con Giancarlo Giorgetti e Guido Podestà per concertare le iniziative, oggi Giorgetti era alla nostra conferenza stampa, con il ministro Roberto Maroni mi sono sentito tre volte. Poi ci può essere qualche militante che si scalda, ma non confondiamo qualche esagitato con i vertici dei partiti».


Se l’incidente si chiuderà e la sua lista sarà riammessa, ha una proposta per evitare che nel futuro si ripeta uno spettacolo del genere?
«Per il futuro è bene pensare a una legge nazionale per semplificare le cose. Chi è già rappresentato in Parlamento non deve raccogliere firme perché è già certificato che ha un consenso e quindi non ha bisogno di dimostrare nulla». 

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