Caro Granzotto, un paio (ma saranno di più) di cose sulla questione del «finocchio». Primo: l'Inquisizione si occupava di eretici e non di sodomiti. Secondo: quella dei semi di finocchio sui roghi è una delle tante leggende metropolitane che circolano fra i gay. Terzo: se bruci semi di finocchio ottieni solo l'odore di semi abbrustoliti. Quarto: una pena esemplare come il rogo non aveva alcun bisogno di venire ingentilita da soavi effluvi. Quinto: la sodomia fu punita solo in alcune epoche e da certi principati (laici), altrimenti un famoso pittore come il Sodoma non avrebbe potuto circolare impunemente. Sesto: se la leggenda gaya fosse vera, perché non sono diventati «finocchi» anche gli eretici e gli stregoni? Dunque, è da ritenere vera la versione che ho trovato nel Dizionario Treccani: Finocchio era il servo effeminato della commedia dell'arte toscana. Negli altri dialetti, infatti, il gay è indicato con altri termini: Ma è il toscano a essere diventato lingua nazionale.
Orpo. Questo sì che è mettere i puntini sulle i, caro Rilleri. Questo sì che è «far chiarezza». Essendo la mia divisa «Primo: dubitare», non creda che abbia accolto la sua spiegazione a chius'occhi. Macché. Ho trascorso qualche ora a scartabellare libri che non aprivo da anni e oh stupore, oh maraviglia, ho trovato conferma di quello che lei sostiene: Finocchio era uno degli Zanni della Commedia dell'Arte, uno Zanni effeminato, tutta una moina. Uno scutrettolare e un birignao. Di più: la figura di Finocchio fa la sua comparsa nelle carnacialate della compagnia teatrale palatina del Duca di Modena, Alfonso d'Este. Siccome riscosse subito pubblico successo, di Finocchio si impossessarono altri teatranti e in particolare quelli che battevano il Granducato. Ed è dallo Zanni, senz'ombra di dubbio, che «finocchio» finì per indicare, nella parlata comune, l'omosessuale. Caso non infrequente, un passaggio del genere. In fondo noi diciamo «manducare» (lo fece anche Dante: «e come 'l pan per fame si manduca») per via di un altro personaggio della commedia popolare. Le antiche farse che furono le Atellane ruotavano infatti attorno a quattro maschere fisse: Bucco il mangione, Pappus il bacucco licenzioso, Maccus il pirla e Manducus, il cui contrassegno scenico era di muovere incessantemente le mascelle, come qualche attore d'avanspettacolo fa ancor oggi per parodiare una persona anziana. Siccome anche per mangiare si mettono in moto le ganasse al pari di Manducus, ecco come si giunse al «manducare».
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