Ministro Gelmini perché un nuovo regolamento per la formazione degli insegnanti?
«Perché non esiste una buona scuola senza buoni insegnanti. Il nostro primo obiettivo è quello di riqualificare la la professione docente».
In che modo cambierà il profilo professionale?
«Non sarà più sufficiente sapere ma occorrerà saper insegnare. Per questo abbiamo introdotto un anno di tirocino formativo in classe, 475 ore sotto la guida di un insegnante tutor. Abbiamo dedicato particolare attenzione alla disabilità. Tutti gli insegnanti, non soltanto quelli di sostegno, dovranno fare tirocinio con alunni disabili, almeno 75 ore. Sarà obbligatoria per tutti la certificazione della conoscenza della lingua inglese ai livelli minimi richiesti nel contesto europeo».
Primo obiettivo: docenti più preparati. Il secondo?
«Eliminazione progressiva del precariato: una vera piaga sociale. Con il nuovo sistema chiudiamo l’accesso illimitato alla professione che perpetuava il precariato. Ora il numero dei nuovi docenti sarà deciso sulla base del reale fabbisogno. Sostuiamo alle vecchie scuole di specializzazione, Ssis, un percorso di lauree magistrali specifico seguito dall’anno di tirocinio».
I titoli di studio necessari?
«Per la scuola d’infanzia e la primaria una laurea quinquennale a numero programmato: tanti posti, tanti studenti. Per la secondaria di primo e secondo grado sarà necessaria una laurea magistrale ad hoc, completata da un anno di tirocinio attivo».
Quindi l’accesso ai corsi sarà a numero chiuso?
«È prevista una rigorosa selezione per l’ingresso alla laurea magistrale, con un numero programmato sulla base delle necessità di tutto il sistema nazionale di istruzione, scuole pubbliche e paritarie».
Quali le differenze col passato?
«Prima per la materna e le elementari era sufficiente la laurea quadriennale mentre per la secondaria era necessaria la laurea più due anni di Ssis. Troppa teoria e niente pratica. E soprattutto accesso illimitato, una fabbrica di precariato. Il tirocinio partirà già da quest’anno. Stiamo accreditando diverse facoltà per la formazione con le nuove regole».
E chi si è laureato con il «vecchio» sistema?
«Abbiamo previsto un regime transitorio: tutti i laureati potranno conseguire l’abilitazione per la secondaria di primo e secondo grado accedendo, dopo aver superato i test preselettivi, all’anno di tirocinio».
Basta con la proliferazione dei precari. Ma quelli che ci sono e che insegnano già da anni che fine faranno?
«Come ho già detto la situazione dei precari è una vera piaga sociale che si trascina da troppo tempo. Questo governo si è assunto la responsabilità di affrontarla con la consapevolezza di avere di fronte tempi lunghi. Nelle graduatorie ad esaurimento i precari sono circa 220.000. É ipotizzabile che si riesca ad assorbirli nel sistema, grazie anche ai pensionamenti nel giro di sei, sette anni. E si tratta di stime ottimistiche. Per quanto concerne il ministero abbiamo avuto 140.000 domande di trasferimento e ne abbiamo soddisfatte 74.000. La scuola è l’unico comparto della Pubblica amministrazione che ha nuovi posti di lavoro: 10.000 immissioni in ruolo per il comparto degli insegnanti e 6.500 per il personale amministrativo. Ci sono 3.500 nuovi insegnanti di sostegno e 1.000 docenti in più per l’organico di fatto. I posti vacanti sono 20.000 a fronte di 220.000 precari. Questi sono i numeri purtroppo. Oltre al decreto salva -precari stiamo valutando possibili soluzioni con il ministro del Welfare, Sacconi, e con le Regioni».
Negli ultimi anni il ruolo dei docenti è apparso svilito, mortificato. Sarà possibile risalire la china, restituire ai professori la dignità che spetta a chi svolge una funzione chiave per il progresso sociale?
«Vogliamo che la classe docente riconquisti prestigio e rispetto. Il regolamento sulla formazione, messo a punto dalla Commissione presieduta dal professor Giorgio Israel, è il primo passo. Siamo già al lavoro per riscrivere le regole per il reclutamento. Poi introdurremo la valutazione e il conseguente riconoscimento dei meriti professionali in termini economici. Basta con gli scatti di anzianità».
Entriamo in una materia delicata, oggetto di trattativa con i sindacati. Proprio nel tentativo di introdurre un principio di valutazione degli insegnanti Luigi Berlinguer si giocò la poltrona di ministro dell’Istruzione. Le nuove regole per il reclutamento saranno introdotte per via legislativa o contrattuale?
«Valuteremo insieme alle parti sociali quale possa essere la strada più giusta. Comunque sia chiaro: sono molto critica nei confronti del criterio dell’anzianità, siamo rimasti soltanto noi e la Grecia, è inaccettabile. La valutazione dei risultati è indispensabile. Noi andremo avanti e se non si riuscirà ad arrivare ad un accordo sul contratto le novità saranno introdotte per via legislativa».
Con quali criteri assegnerete gli incentivi economici ai docenti meritevoli?
«Siamo aperti alla sperimentazione. Due le strade percorribili: assegnarli ai singoli docenti oppure direttamente agli istituti, sempre ovviamente sulla base dei risultati ottenuti che saranno sottoposti anche all’esame dell’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione».
La accuseranno di nuovo di prendere decisioni senza consultare nessuno.
«Sulla formazione abbiamo sentito tutte le associazioni: genitori, docenti, studenti. Poi i sindacati, i Rettori, il Consiglio Universitario, i presidi. Dopo un anno e mezzo di consultazioni direi che il regolamento era pronto per essere varato».
La accusano anche di smontare l’ architettura della scuola, pezzo dopo pezzo, senza però che ci sia dietro un progetto organico, un’idea.
«Liberi di non essere d’accordo col nostro progetto ma l’idea c’è: abbiamo rimesso al centro i ragazzi, il loro diritto ad avere una buona scuola. Gli insegnanti sono importantissimi ma se mettessimo al centro i loro di interessi faremmo una scelta corporativa.
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