Gog, Maurizio Pollini interpreta Beethoven

Gog, Maurizio Pollini interpreta Beethoven

«Questo giovane suona meglio di tutti noi» - disse nientemeno che Arthur Rubinstein nell'ormai lontano 1960, dopo aver ascoltato Maurizio Pollini suonare a Varsavia, durante il prestigiosissimo Premio Chopin. Quel Premio Chopin che il «giovane» - classe 1942 - si aggiudicò senza riserve e che gli aprì le porte di una carriera straordinaria. Maurizio Pollini arriva questa sera a Genova, al Teatro Carlo Felice (ore 21), ospite della stagione centenaria della Gog e interpreta le ultime tre sonate per pianoforte di Beethoven, le meravigliose op. 109, op. 1110, op. 111. Per poi incontrare il pubblico, domani (ore 12) nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, sul tema «Il pianoforte da Beethoven a oggi» (incontro ad ingresso libero). Artista straordinario, conosciuto e applaudito in tutto il globo, Pollini è anche uomo di profonda cultura e sensibilità, intellettuale a tutto tondo, protagonista della vita culturale e sociale della nostra epoca; «innamorato» dichiarato di Chopin, peculiare è la sua interpretazione degli altri più grandi protagonisti della storia della musica europea, da Bach al classicismo, dal romanticismo alle composizioni moderne - arriviamo ben oltre la metà del secolo scorso - di cui ha contribuito a diffondere la conoscenza, esaltando l'audacia e l'originalità della musica novecentesca. Ma veniamo a Beethoven. La raccolta delle 32 sonate per pianoforte è un monumento all'arte pianistica e alla storia «universale» di questo strumento, amato, sudato, sofferto: uno strumento che con Beethoven, per la prima volta, raggiunse quella dimensione espressiva che sarà poi raccolta, approfondita, modificata e variamente utilizzata nel corso dell'ottocento romantico, e oltre. Le sonate rivelano grande intensità, un mondo interiore che l'esecutore deve comprendere e vivere, prima di restituirlo a chi ascolta. Il programma che Pollini propone al pubblico della Gog ne è esempio magistrale: epilogo della produzione pianistica beethoveniana (insieme alle «Variazioni Diabelli» e alle «Bagatelle»), queste sonate risalgono al 1820 (op.109) al 1821 (op.110) e al 1822 (op.

111), anche se in realtà le ultime due furono composte quasi simultaneamente e concluse a distanza di un mese l'una dall'altra. È l'ultima fase compositiva e spirituale del compositore tedesco, in cui è raggiunta una dimensione quasi metafisica, trascendentale, quell'arte «pura» così ben simboleggiata dalla sua celeberrima Nona Sinfonia.

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