(...) come semplice porto o aeroporto, quasi un posto da toccata e fuga, dove a volte non si passa nemmeno per il centro.
Ed è un vero peccato, perchè il centro di Olbia è tutt'altro che un buco nero, con la centralissima corso Umberto e tutta la rete di strade che si aprono tutt'attorno, secondo la tradizione delle antiche vie romane del cardo e del decumano che si incrociano ad angolo retto. E, anche qui, la prima cosa che salta agli occhi è la differenza fra i negozi che si aprono sulle vie centrali di Olbia ed alcuni dei negozi, spesso colonizzati dai cinesi, che aprono a Genova. Il tipo di commercio, spesso, fa la differenza.
Non basta, non sono solo i bar alla moda, la cortesia degli esercenti o la pulizia delle strade. Anche perchè, ad Olbia, ad esempio, siamo un passo indietro rispetto a Salerno sulla mancanza di telecamere di videosorveglianza e per l'assedio a cui si viene sottoposti da parte dei venditori di mercanzie extracomunitari, che non è a livello genovese (nulla di nemmeno lontanamente paragonabile al Porto Antico), ma che comunque c'è, mentre a Salerno era completamente assente. La differenza, qui nel capoluogo per pochi anni della provincia smeraldina, istituita e presto soppressa, è ad esempio l'attenzione per il restauro dei palazzi storici, dal municipio, alle ex scuole, alla splendida biblioteca civica. Insomma, un uso intelligente dei fondi europei che ha trasformato una città piuttosto decadente in un'altra storia. E, già qui, ci sarebbe solo da imparare per una città come Genova che quei fondi europei troppo spesso li lascia marcire o li usa malissimo. Pensate a quei progetti sempre giustificati dagli assessori con il fatto «che sono soldi vincolati dall'Unione europea e se non si spendono andrebbero persi», ottima scusa per fare roba spesso inutile o fallimentare. Pensate, ad esempio, al progetto per il traffico nel centro storico, con i crediti e tutto il resto, presto naufragato, o a quello sul multitaxi. Con i fondi europei sono arrivati i visori luminosi da sistemare sul tetto delle auto. Piccolo particolare, però, mancano i clienti.
Invece, Olbia. Che ha saputo puntare sul turismo, intercettando almeno un po' di quello diretto verso la Costa Smeralda. E, soprattutto, sa inventarsi incentivi e manifestazioni che manderebbero in brodo di giuggiole gli appassionati di turismo, come il nostro amico Luciano Ardoino, il massimo esperto in città, uno che ha contribuito a scrivere la legge turistica delle isole Fiji, a cui è idealmente dedicata tutta questa serie.
Il centro sardo, poi, ha saputo abbinare la sua storia romana con la tradizione insulare. Ad esempio, le antiche terme che rendono meravigliosa la locanda del Conte Mameli, un gioiellino di charme come tanti potrebbero essercene nei nostri caruggi, vero valore aggiunto di Genova, come ha giustamente scritto nei giorni scorsi Pietro Romanengo, con un intervento che non mi stancherò mai di citare in questa serie.
Ecco, sabato e domenica scorsi, ad Olbia - così come in altri centri della Sardegna - è andata in scena una manifestazione intitolata «Monumenti aperti». Che, detta così, non è un marchio da brividi di markenting comunicativo. Ma, una volta vissuta, è bellissima e meriterebbe di essere copiata alle nostre latitudini. Anzi, già che ci sono, consiglio agli assessori regionale e comunale Angelo Berlangieri e Carla Sibilla, due che comunque non sono sprovveduti in materia turistica, di prendere carta e penna e di iniziare a pigliare appunti.
«Monumenti aperti», oltre ad aprire i monumenti, ha un grandissimo valore aggiunto. Ed è la capacità di trasformare i ragazzi delle scuole, dalle elementari alle medie, alle superiori, in piccoli e giovani ciceroni che spiegano ai turisti come funziona. I ragazzi si divertono e sono contenti perchè i ragazzi aumentano di un punto i voti in pagella; i turisti sono contenti perchè vedono passione e coinvolgimento nei racconti. Soprattutto, si vedono facce pulite, una gioventù diversa dalla caricatura tutta movida e sballo che troppo spesso se ne fa. L'idea, fra l'altro, non è nemmeno un'esclusiva.
Siamo a scuola, ma è vietato non copiare.
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