Il Salone è la metafora di una città che rischia di affondarsi da sola

(...) Corrado Passera domani, sabato 13 ottobre, non visiterà il Salone Nautico di Genova». Poi, certo, la squisita firmataria del comunicato saluta con un gentilissimo «cordialmente» e il forfait del ministro non è certo colpa degli organizzatori. Ma sta di fatto che l'assenza in extremis di Passera è l'ennesimo segno di qualcosa che non va.
In questi giorni ci abbiamo scritto articoli su articoli, dando vita quasi a un genere letterario autonomo: tutti gli errori al Nautico minuto per minuto. Praticamente un manuale del suicidio perfetto di una città. E se almeno gli operai dell'Ilva avevano ragione nella loro protesta pur avendo torto nello scaricare la propria rabbia sulla nautica, settore se possibile messo peggio della siderurgia, è vergognoso che il rito del primo sciopero studentesco dell'anno si sia celebrato per l'ennesima volta davanti ai cancelli della Fiera, già semideserti senza bisogno di aiuti esterni. Eppure, la scena era impressionante: studenti (nel senso di iscritti alle scuole) con i soliti scudi di plastica con dipinte sopra copertine di libri, poliziotti in assetto antisommossa, la Foce militarizzata, le voci di cariche degli agenti... Ma lo sa tutta questa gente che anche in Fiera ci sono dei lavoratori, che il momento è drammatico e che chi lavora lì dentro, anche i dipendenti dell'ente, non solo quelli della Nautica, rischiano la cassa integrazione? E che la rischiano per errori gestionali della politica? E che la rischiano perché troppa gente ha gravato sulla Fiera senza averne alcun titolo?
Mica finita. Bastava sentire alcuni degli slogan scanditi davanti ai tornelli della Fiera per capire che non avevano capito. Che il discorso sulla scuola che abbiamo iniziato nei giorni scorsi è sempre più vitale, perché cattivi formatori significano cattivi studenti. E invece. Invece questi ce l'avevano con il «Nautico simbolo del lusso e dello spreco» oppure spiegavano a gran voce che il Salone è «simbolo di quell'un per cento che ogni giorno ci sfrutta».
Ecco, io penso che se nel 2012 una generazione che passa le giornate sui banchi di scuola non è in grado di elaborare un concetto più profondo di questo, c'è da preoccuparsi moltissimo. Penso che sia grave se coloro che dovrebbero essere la classe dirigente di domani non riescono a capire che se l'Italia ha un'eccellenza e si fa di tutto per distruggere quest'eccellenza, ci perdono tutti: l'Italia, l'eccellenza, gli operai e i quadri che lavorano a quest'eccellenza.
Ecco, la Nautica italiana, oggi, è questa cosa qua. Qualcosa di universalmente riconosciuto come settore straordinario nel mondo, che tutti ci invidiano, e che noi lavoriamo costantemente per affossare. E la manifestazione di ieri con le scene tipo «Mezzogiorno di fuoco in piazzale Kennedy» (fra l'altro, era proprio mezzogiorno o giù di lì) è un tassello decisivo, anche dal punto di vista ideologico e concettuale.
Poi, ciliegina sulla torta, la rissa fra gli organizzatori.

L'Ucina, a mio parere giustamente, ha chiesto garanzie immediate per la prossima edizione in termini di costi e infrastrutture e c'è da ringraziare Anton Francesco Albertoni per non aver spinto l'acceleratore dialettico sul possibile trasferimento a Viareggio. La Fiera ha risposto parlando di «dichiarazioni decisamente inopportune nei contenuti e nei tempi».
Non è stato un gran Nautico.

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